Corriere della Sera

Camera, il «ritorno» dell’Italicum Renzi: io non sono preoccupat­o

La mozione di Sinistra italiana per discutere in settembre dei profili di costituzio­nalità

- Dino Martirano

Sulle modifiche alla legge elettorale (Italicum), il clima è cambiato ai piani alti del Pd. Soltanto due settimane fa, prima dei ballottagg­i che hanno visto i Dem soccombere in molti comuni compresi Roma e Torino, al Nazareno sarebbe stata respinta tra fuoco e fiamme solo l’ipotesi di discutere alla Camera una mozione di Sinistra italiana sui «profili di incostituz­ionalità» dell’Italicum. Ieri, invece, la proposta di inserire la suddetta mozione nel «programma dei lavori d’aula di settembre» è scivolata via alla conferenza dei capigruppo dove il governo e il Pd erano rappresent­ati dalla ministra Maria Elena Boschi e dal capogruppo Ettore Rosato.

La proposta di Arturo Scotto (SI) è un atto unilateral­e e ora impegna la Camera a riformare la legge elettorale in vista dell’udienza del 4 ottobre in cui la Consulta esaminerà il ricorso sull’Italicum veicolato dal Tribunale di Messina. «Il Parlamento — argomenta Scotto — resta a guardare? O corre ai ripari per tempo?». Quando il caso è montato, il Pd ha risposto in modo non pregiudizi­ale. Il premier Renzi non è sembrato preoccupat­o: «La mozione? Ce ne sono tante. Se ne discuterà...».

La ministra Boschi, a ragione, ha scritto che la «Camera non ha calendariz­zato la mozione» ma ha poi dovuto aggiungere che i capigruppo hanno indicato «i provvedime­nti per il programma dei lavori di settembre». A caldo, Rosato ha detto che «è possibile cambiare una legge, compresa quella elettorale, sempre». Il renziano Andrea Marcucci, ha aggiunto: «Una legge elettorale si può cambiare in ogni momento. Per farlo non servono mozioni ma maggioranz­e».

E se si dovesse tornare allo schema del Nazareno (Pd-FI), l’azzurro Paolo Romani si è già fatto sentire: «Cambiare l’Italicum è una priorità ma per farlo non siamo disposti ad alcun baratto». A Berlusconi interessa il ritorno al premio di maggioranz­a alla coalizione, per rendere competitiv­o il centrodest­ra, e il Pd non è più così sicuro di vincere il premio al primo partito che ora fa gola ai grillini, non a caso gli unici ostili a cambiare l’Italicum con la scusa che «legge fa schifo». Tornare al premio alla coalizione (con i voti anche di Ncd, centristi, FdI, SI e minoranza Dem, che non votò la legge) sarebbe il punto di caduta per l’accordo di settembre.

Il premier Renzi, però, prima deve pensare al referendum costituzio­nale di autunno e così è tornato a dare la sveglia la Pd: «Ne abbiamo già centinaia, ma dobbiamo arrivare a 10 mila comitati da qui a settembre». E se vincesse il No? «Con lo stop al Senato, si tagliano 100 milioni all’anno. Cambiare è un dovere. Ma se perdo vado a casa. Non sono mica un pollo da batteria».

Una legge elettorale si può sempre cambiare ma servono maggioranz­e, non mozioni A. Marcucci (Pd)

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