La vicenda
Il 18 aprile 2015 un peschereccio partito da Tripoli (Libia) con a bordo almeno 700 persone si capovolge a nord della costa libica mentre un mercantile portoghese si avvicina per i soccorsi. I superstiti sono solo 28
Secondo la Procura di Catania, il naufragio sarebbe dovuto a due cause: lo spostamento dei migranti sull’imbarcazione, che era sovraffollata, e l’errata manovra dello scafista che l’ha portata a collidere con il mercantile
A bordo del barcone si trovavano 50 bambini e circa 200 donne. I due scafisti vengono arrestati
Ora è stato recuperato, a 375 metri di profondità, il relitto del barcone che sarà trasportato ad Augusta. Lì, in una tensostruttura refrigerata, inizieranno le operazioni per identificare le salme
I refrigeratori sono spenti e il capannone ribolle sotto il sole rovente del Pontile Nato dove i Vigili del fuoco hanno allestito la più grande bara del Mediterraneo. Sarà questo smisurato obitorio fra le raffinerie e le navi da guerra ormeggiate ad Augusta ad accogliere i 700, forse 800 migranti affogati l’anno scorso. Era il 18 aprile e il centro del Mediterraneo diventava teatro della più grande tragedia di migranti. Ora dal fondo del mare, a una profondità di 370 metri, la Marina Militare è riuscita a recuperare i corpi con una acrobatica e tecnologica operazione.
Approda su questa tensostruttura un impressionante carico di disperati, affondati dentro uno sgangherato peschereccio salpato dalle coste libiche. Erano stati ammassati fra stiva, ponte e fiancate da brutali scafisti, due dei quali sono sopravvissuti e ora sono sotto processo a Catania.
Il triste carico è stato imbragato da braccia meccaniche, pilotate con una sorta di mega joystick da militari e ingegneri di società specializzate. Così, un ammasso di legni fradici con una stiva zeppa di cadaveri, procede