Mozart aulico (e moderno) cerca un’identità
Icostumi di Maurizio Galante, anche bellissimi nella loro scioccante ridondanza, raccontano un Settecento eccessivo, esagerato, parodistico: la parrucca eretta a sistema. I nudi elementi scenografici di Dante Ferretti richiamano invece una tradizione di eleganza castigata, con la sobrietà persino esibita dei vecchi fondali dipinti. La domanda verte dunque su quali Nozze di Figaro intenda cavare da ciò Giorgio Ferrara, direttore artistico del Festival dei 2 mondi nonché committente a sé medesimo della regia dello spettacolo.
Ma non c’è parodia, né tradizione. Lo spettacolo prescinde dalle sue coordinate visive. Gioca la carta di una recitazione aulica e moderna al contempo. E fredda. Susanna traveste Cherubino da cameriera? Lui è qua, lei è là. Non si sfiorano. L’erotismo, vero motore dell’azione mozartiana, latita. E non v’è traccia di malizia in Susanna. E Cherubino non è di foco né di ghiaccio. E il Conte non seduce. È un tale capolavoro, Le nozze di Figaro, che può anche prescindere dalla regia, però, perché la regia è nella musica. E la musica James Conlon, a capo dell’Orchestra Cherubini, la restituisce nei suoi mille caratteri, in un quadro esecutivo fatto di tempi spigliati e accattivante tensione drammatica. È dunque un bel Figaro, il suo, anche se, complice forse il caldo del Teatro Nuovo, il terzo e il quarto atto non hanno la stessa grinta dei primi due.
Il cast è discretamente assemblato. Spicca la Susanna di Lucia Cesaroni. E un gran vocione possiede il Figaro di Daniel Giulianini ma gli si spieghi di non cantare tutto a mille. Applausi sì, ma senza esagerare.