LA PIAZZA VERTICALE
GIARDINO, TEATRO, SALA DA BALLO LA TORRE LEGGERA DI RENZO PIANO E LE NUOVE SEDUZIONI DELLE BANCHE
Talmente a l to e complesso da far nascere un master al Politecnico con 35 giovani progettisti coinvolti dal primo all’ultimo mattone. Talmente innovativo ed eco-sostenibile da essere tra i dieci edifici accreditati del Leed, il protocollo internazionale che premia i migliori grattacieli al mondo. Un auditorium (a configurazione variabile) incastonato al terzo piano pronto a tramutarsi in una sala da ballo, all’occorrenza, in pochi secondi. Il ristorante al 35esimo appena inaugurato. Una sala eventi e mostre al 36esimo, la lounge bar al 37esimo. Sei anni per realizzarlo, 500 milioni di euro di costo. Valore di mercato cinque volte superiore.
Si staglia imponente dalla vicina stazione di Porta Susa. È il quartier generale di Intesa Sanpaolo, il biglietto da visita della banca nel mondo. A progettarlo,
lo studio parigino di Renzo Piano, che si è aggiudicato la gara battendo, tra gli altri, un altro mostro sacro dell’architettura mondiale come Daniel Libeskind. Al 32esimo c’è la sala dove si riunisce il consiglio di amministrazione sotto la presidenza di Gian Maria Gros-Pietro che nello stesso piano ha il suo ufficio.
La Torino sabauda, conosciuta per il suo understatement, qui trova la rappresentazione plastica di una città che ha saputo innovare. Cambiando anche il suo skyline. Ponendosi come riferimento culturale nazionale anche per la capacità di allevare giovani con idee brillanti che hanno saputo produrre un florido ecosistema di start up «appetite» da multinazionali e società di consulenza. Nel capoluogo piemontese — che ha appena deciso di cambiare colore politico premiando la pentastellata Chiara Appendino nel ruolo di primo cittadino — il grattacielo Intesa Sanpaolo sta assumendo pian piano un ruolo centrale.
Si sta aprendo al territorio organizzando eventi (come il recente omaggio alla scrittrice Natalia Ginzburg nel centenario della sua nascita), mostre, visite guidate. È servito, ad esempio, anche per riqualificare il giardino «Nicola Grosa», manutenuto direttamente dalla banca in accordo con l’amministrazione comunale proprietaria del terreno. «Vogliamo che diventi un luogo di partecipazione per Torino e per il Paese — dice Vittorio Meloni, direttore delle relazioni esterne del gruppo bancario—. Un luogo che serva a trasmettere la nostra identità. Un luogo che sia un punto di riferimento culturale, che sia un modo di arricchire la comunità. Un luogo di incontro per la nostra clientela». A settembre, ad esempio, Intesa Sanpaolo terrà qui un ciclo di convegni dedicati alle piccole e medie imprese, in modo da aiutarle nell’attività quotidiana e nella capacità di andare all’estero.
La sensazione, una volta entrati, è che la struttura sia terribilmente leggera, nonostante sia alta quasi come la Mole Antonelliana. Il merito è da ascrivere al modo in cui lo studio di Renzo Piano ha realizzato l’edificio. Lo snodo portante è una sorta di «tavolo» innestato ai piani bassi del grattacielo.
Che serve da fondamenta per i ventotto piani superiori. L’edificio ospita duemila persone. È dotato di mensa e di asilo nido per i figli dei dipendenti. È alimentato con energia elettrica proveniente da fonte rinnovabile di tipo idroelettrico e da 1.600 metri quadri di pannelli fotovoltaici installati sulla facciata sud.
Ospita soprattutto il centro per l’innovazione dell’istituto, alle dirette dipendenze del top manager Maurizio Montagnese. È la «punta di diamante» degli investimenti che la banca fa per innovare i propri processi produttivi e organizzativi. Per intenderci una squadra molto snella (cento persone al massimo) ha appena portato alla completa smaterializzazione dei documenti, processo che ha interessato tutte le filiali di Intesa Sanpaolo in Italia e all’estero.
È la cabina di regia che sovrintende agli investimenti in fintech della banca, in stretta collaborazione con la sede di Londra. «È una sorta di piattaforma per far incontrare domanda e offerta di innovazione per la nostra clientela, anche attraverso due fondi di venture capital per oltre 200 milioni di euro», scandisce Montagnese.
La punta di diamante Un top manager guida il rinnovamento dei processi produttivi e organizzativi