Un dialogo inedito col mondo dell’abitare
Per duecento anni gli edifici bancari si sono caratterizzati per pochi, chiari elementi: architettura imponente, linguaggio classico, stile severo e una diffusa sensazione di solidità. La banca era un tempio in cui essere ammessi con circostanza, la sua hall ti accoglieva solennemente mostrando materiali ricchi destinati all’eternità. Oltre a quello spazio poche persone erano ammesse e le ritualità di questo pilastro della società capitalistica erano tenute nascoste agli occhi dei più. Il paradigma della trasparenza modernista si è impadronito anche delle banche nel secondo Dopoguerra, ma ancora rimaneva dominante la questione della separazione dal mondo esterno. Con il nuovo secolo una delle conquiste più interessanti che stiamo riconoscendo nella maggior parte degli edifici contemporanei è l’abbattimento della mono-funzionalità con conseguenze molto interessanti. I musei diventano anche ristoranti e spazi ludici. I complessi residenziali incorporano scuole, negozi e giardini pensili, e le banche si aprono alla città accogliendo funzioni che sembravano impensabili. Il nuovo quartier generale per Intesa San Paolo a Torino disegnato da Renzo Piano ha un programma funzionale ed energetico che è anche manifesto sociale sostenibile per un istituto che vuole decisamente aprirsi al mondo. Abbiamo altri esempi che si stanno muovendo in questa direzione, come per la concorrente Unicredit a Milano disegnata da Cesar Pelli o alla Banca centrale europea a Francoforte di Norman Foster per intuire l’orizzonte futuro. Segni significativi di come la finanza mondiale cerchi un dialogo inedito con il mondo che cambia uscendo dal castello dorato, provando strade che potranno generare risorse interessanti e abitabili per le nostre metropoli.