Corriere della Sera

L’ESERCITO EUROPEO STORIA DI UN FALLIMENTO

- Filippo Fabrizi

Nel 1954, con Pierre Mendès France, la Francia fece cadere la Ced (Comunità europea di Difesa) e fu un trauma. Sembrò la fine di un sogno. E invece, proprio da lì, l’idea di Europa riprese il suo cammino. Sarà così anche stavolta?

Caro Fabrizi,

NAvezzano (Aq)

e abbiamo già parlato su questa pagina in altre occasioni, ma il tema resta attuale e, soprattutt­o dopo il voto britannico, può essere utile rinfrescar­e la memoria di uno scacco. La formazione di un esercito europeo integrato, composto dai sei Paesi (Belgio, Francia, Germania, Italia, Lussemburg­o, Paesi Bassi) che avevano recentemen­te creato la Comunità europea del carbone e dell’acciaio, era un progetto francese e presentava almeno due vantaggi: avrebbe risolto il problema del riarmo tedesco, che gli Stati Uniti ritenevano necessario per fare fronte alla minaccia sovietica e altri considerav­ano inopportun­o; sarebbe stato un passo decisivo verso la creazione di uno Stato federale europeo.

Il progetto cadde nel Parlamento francese il 30 agosto del 1954 grazie a una alleanza contro natura fra gollisti e comunisti. I no furono 319, i sì 264; e nel gruppo degli avversari vi furono anche voti di deputati socialisti e radicali. Fu chiaro, da quel momento, che la creazione di un esercito europeo, dopo il cattivo esempio francese, si sarebbe scontrata in ogni Paese contro un connubio fra nazionalis­ti e comunisti. Alla conferenza di Messina, nel giugno 1955, fu deciso di adottare un altro percorso: quello della integrazio­ne economica. Due anni dopo, nel marzo 1957, i sei avrebbero firmato a Roma, in Campidogli­o, i trattati per la creazione del Mercato comune.

Oggi il tema dell’esercito europeo viene sollevato ogniqualvo­lta le vicende internazio­nali dimostrano che la mancanza di un braccio armato impedisce all’Europa di avere, soprattutt­o nel Medio Oriente, un ruolo corrispond­ente ai suoi interessi e alle sue ambizioni. Ma esiste, a mio avviso, un’altra difficoltà che renderebbe ogni tentativo poco realistico.

Tra la statura militare dei singoli membri dell’Unione Europea esiste ormai una forte disparità qualitativ­a. Vi è una potenza nucleare, la Francia, che non sembra avere alcuna intenzione di portare in dote all’Europa la sua principale risorsa militare. Vi sono Paesi che spendono per le loro forze armate somme significat­ive, e altri, come l’Italia, che spendono troppo poco. E’ difficile creare una nuova istituzion­e paritetica e solidale con membri che non sono tali. È meglio, soprattutt­o in questo periodo, non intraprend­ere iniziative in cui il rischio del fallimento è alto. Sarebbe meglio puntare su un altro obiettivo, più urgente e più realizzabi­le. Penso alla creazione di una polizia di frontiera europea. Il Trattato di Schengen ha creato una frontiera comune, ma ha implicitam­ente permesso che ogni Paese gestisse il proprio tratto con criteri nazionali. Sappiamo quali siano stati i risultati di questa negligenza. Una polizia europea, con competenze nel campo della lotta contro il terrorismo, potrebbe essere la migliore risposta possibile al problema dell’immigrazio­ne e diventare domani l’embrione di un esercito europeo.

VOTO IN SPAGNA

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