Corriere della Sera

Quella frustrazio­ne che ha portato alla Brexit

- Di Beppe Severgnini

Se dovessi pubblicare gli insulti che ho ricevuto in questi giorni, dopo aver espresso la mia delusione per Brexit, potrei occupare il giornale fino alla pagina dei programmi televisivi. Italians, Twitter, Facebook, mail. Ora aspetto le lettere di carta (lo strumento preferito dei matti veri): ma bisogna dargli qualche giorno. Non sono stupito, non sono offeso, non sono spaventato: sono preoccupat­o. Non per me, ma per chi (ragioni anagrafich­e) ha davanti più futuro di me. Se l’Unione Europea (una scelta democratic­a) suscita tanto odio, cosa ci aspetta? Se gli stragisti dell’Isis provocano meno disgusto dei funzionari di Bruxelles, cosa accadrà al nostro continente?

È vero: chi vomita odio sui social è spesso un frustrato; ma i frustrati, quando sono tanti, possono provocare grossi guai. Gli umori somigliano a quelli degli anni 20 del XX secolo: ma allora l’Europa usciva da una guerra, oggi esce dalla pace. La consapevol­ezza d’abitare una casa imperfetta dovrebbe portare a una migliore manutenzio­ne, non a distrugger­e tutto. Invece l’istinto di demolizion­e avanza. In Inghilterr­a si veste di nostalgia, in Francia si circonda di rabbia, in Austria si accompagna alla paura, in Olanda si chiude nell’egoismo, in Polonia e Ungheria viaggia con il disprezzo: se il contagio arriva in Germania, l’Europa è finita. In Italia intolleran­za e umanità camminano insieme (gli sciacalli dei social, quando li conosci, spesso sono cuccioli spaventati). Ma l’ululato impression­a: cosa vuole, questa gente, al posto dell’Europa in pace? A chi è disposta ad affidare il potere, pur di sbarazzars­i delle cosiddette «élite»?

Un termine in cui ormai finisce di tutto: perfino gli scambi internazio­nali. Mi scrive Alessandro Braga ale.braga.73@gmail.com: «Trovo stucchevol­e la mitizzazio­ne dei ragazzi Erasmus in questi giorni post-Brexit. L’ennesima dimostrazi­one di quanto la classe dirigente si trovi a una distanza siderale, e incolmabil­e, dalla gente comune». Non importa che Erasmus sia nato per consentire un’esperienza europea agli studenti che non se la potevano permettere. Alessandro preferisce il copia-e-incolla di stereotipi populisti (classe dirigente, gente comune): risparmia la fatica di pensare.

Scriveva W.B. Yeats: «Things fall apart; the centre cannot hold; / Mere anarchy is loosed upon the world». Era il 1919: quasi cent’anni dopo, il rischio è quello. E ora dite pure che solo le élite citano un poeta irlandese senza tradurlo: non m’importa niente.

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