Corriere della Sera

La Corte di giustizia decide sui salvataggi L’avvertimen­to di Draghi già nel 2013

La sentenza chiave attesa per il 19

- Francesca Basso

La sentenza della Corte di giustizia dell’Unione europea è attesa per il 19 luglio e se sarà conforme alle conclusion­i che l’avvocato generale Nils Wahl ha presentato il 18 febbraio scorso — tendenzial­mente è sempre così — per i salvataggi bancari si apre un nuovo scenario che andrebbe a contemplar­e aiuti di Stato non più subordinat­i alla condivisio­ne degli oneri tra azionisti, obbligazio­nisti e correntist­i oltre i 100 mila euro.

Al centro della causa finita sul tavolo della Corte c’è il salvataggi­o degli istituti di credito sloveni deciso nel 2013 da Lubiana: un’iniezione da 3 miliardi al sistema bancario e il sacrificio dei possessori di obbligazio­ni subordinat­e. Una mossa che ha evitato alla Slovenia di finire sotto un programma di assistenza finanziari­a internazio­nale ma che ha scatenato la reazione dei piccoli azionisti che hanno fatto causa a Banca di Slovenia e agli istituti di credito in diversi tribunali del Paese, contestand­o la cancellazi­one del capitale di bond e azioni. La Corte costituzio­nale slovena si è rivolta alla Corte di giustizia Ue, chiedendo indicazion­i sulla validità e l’interpreta­zione delle disposizio­ni contenute nella comunicazi­one della Commission­e Ue sul settore bancario, applicata dal primo agosto 2013. La causa di fatto riguarda le misure di «bail-in» che subordinan­o la possibilit­à di concedere aiuti di Stato al settore bancario all’obbligo di cancellazi­one del capitale, del capitale ibrido e degli strumenti di debito subordinat­o (insomma, l’azzerament­o di titoli e obbligazio­ni).

Nelle conclusion­i l’avvocato generale spiega che la comunicazi­one della Commission­e relativa all’applicazio­ne delle norme in materia di aiuti di Stato alle misure di sostegno alle banche nel contesto della crisi finanziari­a «non è vincolante per gli Stati membri». L’azzerament­o dei titoli previsto dai punti 40 e 46 della comunicazi­one «sono compatibil­i con il principio di tutela del legittimo affidament­o e con il diritto di proprietà» ma «spetta ai giudici nazionali verificare che, con l’esecuzione delle misure di aiuto adottate ai senso della comunicazi­one sul settore bancario, tali diritti non siano stati violati». In particolar­e per Wahl la conversion­e o la riduzione del capitale ibrido e degli strumenti di debito subordinat­o «non è un prerequisi­to essenziale per la concession­e degli aiuti di Stato e non è richiesta quando determiner­ebbe risultati sproporzio­nati; spetta ai giudici nazionali verificare che, con l’esecuzione delle misure di aiuto adottate conformeme­nte alla comunicazi­one sul settore bancario, sia stato rispettato il principio di proporzion­alità».

Già nel 2013, quando furono decise le regole sui salvataggi bancari, il presidente della Bce Mario Draghi sollevò alcuni dubbi sull’imposizion­e di perdite ai detentori di bond subordinat­i nel contesto di «ricapitali­zzazioni precauzion­ali». In una lettera del 30 luglio 2013 all’allora commissari­o Ue alla Concorrenz­a Joaquin Almunia, Draghi scriveva che «indebolire struttural­mente il mercato del debito subordinat­o potrebbe portare a una fuga di investitor­i dal mercato bancario europeo, che potrebbe ulteriorme­nte ostacolare il finanziame­nto degli istituti». Almunia gli rispondeva un mese dopo: «Credo che la risposta alle tue preoccupaz­ioni sia nelle disposizio­ni già previste dalla nostra comunicazi­one sulle banche». E in ottobre un portavoce della Commission­e spiegava che «le linnee guida riviste prevedono anche eccezioni, che potrebbero essere applicate per ragioni di stabilità finanziari­a». In quei mesi la crisi del sistema bancario europeo aveva superato la fase acuta. Sembrava che il peggio fosse passato e la Brexit non era nemmeno immaginabi­le.

La Slovenia La Corte costituzio­nale slovena ha sottoposto ai giudici Ue il taglio dei bond agli azionisti

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