Corriere della Sera

«Lucida, coraggiosa Sembra quasi addestrata a raccoglier­e prove»

- DAL NOSTRO CORRISPOND­ENTE G. Sar.

NEW YORK Un video così «intenso» ed «emozionant­e» non «si era mai visto». Sono «immagini che lasceranno il segno nella società americana». David Redlawsk è un professore di Scienze Politiche all’Università di Rutgers, nel New Jersey, e dirige l’Eagleton Center for Public Interest Polling, uno degli istituti più noti per lo studio dell’opinione pubblica americana.

Guardando il filmato girato da Lavish Reynolds si ha l’impression­e che si sia preparata a lungo, che abbia imparato a usare il telefonino come se fosse una tecnica di autodifesa...

«Sì. Ed è l’aspetto che mi ha colpito di più. Penso che questo video sia il segnale più chiaro di quanto sia ormai diventato alto il livello di sfiducia della comunità afroameric­ana nei confronti delle forze di polizia. È impression­ante, nello stesso tempo intenso ed emozionant­e il comportame­nto di questa donna: non si fa cogliere di sorpresa. Effettivam­ente è come se si fosse addestrata a reagire così, a raccoglier­e prove e, soprattutt­o, testimoni». Che cosa pensa dell’atteggiame­nto dei poliziotti?

«Le indagini accerteran­no le responsabi­lità dei singoli. Sul piano generale osservo che anche qui non si riesce a superare una profonda sfiducia, specie rispetto agli afroameric­ani. Un agente appare sempre in affanno, in allarme: teme che se non spara per primo sicurament­e verrà colpito. Certo, possiamo discutere di addestrame­nto, possiamo contestare l’eccessiva militarizz­azione della polizia. Ma sia nel caso di St.Paul che in quello di Baton Rouge i due uomini uccisi avevano una pistola». Torniamo al tema della proliferaz­ione delle armi?

«Per forza. La facilità con cui circolano le armi è il sottofondo della paura e della diffidenza, sia nella comunità afroameric­ana sia tra i poliziotti».

Ma abbiamo visto quanto sia difficile aspettarsi cambiament­i dal Congresso. E quindi?

«È molto complicato, lo so. Adesso mi aspetto una reazione da parte delle comunità afroameric­ane e non solo. Vedremo se arriverà una nuova spinta per cambiare qualche regola sulle armi».

Sette anni e mezzo di presidenza Obama, il primo presidente afroameric­ano della storia. Ma gli Stati Uniti sono sempre scossi da tensioni razziali. Perché?

«Sono d’accordo con chi sostiene che Obama alla Casa Bianca abbia suscitato una reazione ancora più razzista in alcune fasce della popolazion­e. Però è un’analisi che non spiega tutto. Spesso le tensioni razziali sono collegate alle condizioni di vita locale, di una cittadina, di un quartiere. Questo significa anche un’altra cosa: il presidente Usa può condurre una battaglia, come ha fatto Obama, ma ha un’influenza limitata in queste dimensioni sociali più ristrette. E questo varrà anche per il prossimo leader, che sia Hillary Clinton o Donald Trump».

La polizia è troppo militarizz­ata, un agente è sempre in allarme: teme che se non spara per primo sarà colpito

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