La gara alla Camera e le manovre di Pizza «Bene, c’è Marotta»
L’appalto sulla sicurezza e gli agganci politici «Abbiamo fatto pressioni su Gianni Letta»
ROMA Il capitolo Tiap — il sistema di informatizzazione del settore penale — viene stralciato dal maxifilone sulle tangenti nei ministeri e nei grandi enti pubblici e sarà oggetto di una nuova inchiesta (per ora senza indagati). «Debbono essere approfonditi alcuni fatti menzionati e in particolare le conversazioni sulla informatizzazione», scrive il pm Stefano Fava il 24 febbraio.
Tra gli aspetti da chiarire c’è quello degli «informatori» negli uffici giudiziari della Capitale sui quali la presunta cricca di Raffaele Pizza e Alberto Orsini era certa di poter contare. Una persona viene individuata dai finanzieri del Valutario in Remo Bonansinco, impiegato presso la procura, «coinvolto nel progetto imprenditoriale in itinere». L’altro aggancio sarebbe rappresentato dal personale della Siline spa dell’imprenditore Gianni Nastri, che negli uffici giudiziari è presente proprio per la gestione del Tiap. «Oggi ho avuto una ulteriore conferma, perché io c’ho un’altra mail che m’ha mandato riservata un amico, che i due Tribunali, sia Roma che Napoli e lunedì arriva anche quella di Palermo, che devono usare necessariamente la Pec a livello di Tiap,il che significa che è ufficiale che Tiap dovrà fare tutto... ok?», dice Nastri, intercettato, al collega Lucangeli. Il Guardasigilli Andrea Orlando ha già precisato che «il sistema è sicuro e controllato dal ministero».
Ma tra gli appalti che Pizza era certo di poter indirizzare c’era anche quello sulla sicurezza informatica a Montecitorio. Ancora una volta l’aggancio giusto doveva essere il deputato ncd Antonio Marotta. Lo rivela la conversazione dell’8 luglio 2015. Il faccendiere parla con due uomini che stanno commercializzando un nuovo sistema e gli ricordano che la gara alla Camera «è finita a quarantotto». Pizza: «Ah... tocca rifalla... tu devi sapere.. uno dei giudici che riguarda quella cosa che tu dici alla Camera... è Marotta». L’uomo ride e Pizza continua: «T’ho detto tutto!.. Se dovesse nascere una quota de riserva... benedici tu... non so se mi hai capito». Lo scacchiere di relazioni politico-istituzionali «asseritamente vantate» — come annotano gli investigatori — da Pizza arrivava fino all’ex premier Silvio Berlusconi e gli uomini a lui più vicini, Gianni Letta e Marcello Dell’Utri, da «inquadrare in pregressi accordi ed alleanze politico-elettorali» con la sponda del fratello Giuseppe, segretario della Nuova Dc (il gip ne ha respinto l’arresto). Un’intesa che sfociò nell’elezione di Marotta al Csm, nella nomina di Giuseppe Pizza a sottosegretario e nel controllo del cda di Poste Italiane. «Tu sei andato da Letta .... abbiamo fatto pressioni noi... quando di Marotta al consiglio del Csm», lo imbecca l’imprenditore Boschetti. E Raffaele Pizza rilancia: «Vabbè, poi misi l’accordo Pino sottosegretario, poi mi diede la presidenza delle Poste... mi diede tre consigli di amministrazione, un amministratore delegato non so dove... capito? Fece tutto un pacco nell’accordo... sembravo io il Cavaliere e lui Lino Pizza».
Oggi Pizza e Orsini vengono interrogati dal gip.