Corriere della Sera

Raggi debutta con il figlio in braccio E il direttorio Cinque Stelle in prima fila

In consiglio comunale il grido «Onestà». E c’è Sammarco, il titolare dello studio che assiste Previti

- Ernesto Menicucci

C’è il grido di battaglia «onestà, onestà», come nelle giornate più calde della giunta Marino e degli avvisi di garanzia di Mafia Capitale. Solo che stavolta, al primo consiglio comunale «dell’èra Raggi», è un urlo di vittoria, scandito dalla stessa Raggi, dai simpatizza­nti accorsi al Campidogli­o, dai 29 consiglier­i M5S che occupano gli scranni di sinistra dell’aula Giulio Cesare (dove ci sono anche il Pd e Fassina: un lato è pieno, l’altro del centrodest­ra semivuoto) e dai parlamenta­ri ed esponenti a Cinque Stelle che occupano una sorta di parterre de roi.

I vari Alessandro Di Battista, Roberto Fico, Carla Ruocco, Carlo Sibilia, Paola Taverna, Roberta Lombardi, Stefano Vignaroli, Marta Grande siedono in prima fila, in faccia alla sindaca, alla giunta e alla presidenza dell’aula (eletto Marcello De Vito), in mezzo ai banchi di maggioranz­a ed opposizion­e, su delle seggiole col cartoncino «riservato». Uno spazio fisico, quello, che è riservato agli «eletti» del popolo romano, tanto che i cittadini a cui il Movimento si rivolge sono in fondo alla sala. Quello dei parlamenta­ri sembra almeno un accerchiam­ento, se non un commissari­amento. Ed è come se, quando vinsero Gianni Alemanno o Ignazio Marino, Pdl e Pd avessero portato al centro dell’aula i loro esponenti di punta. Ultima annotazion­e: le sedie al centro della «Giulio Cesare» ci sono solo in cerimonie particolar­i, quando ci sono autorità, o rappresent­anti istituzion­ali.

A parole, però, i leader di M5S tengono le distanze. Alessandro Di Battista è chiaro: «Il Movimento è una comunità, ma la sindaca è la Raggi». E Luigi Di Maio, da Tel Aviv, aggiunge: «Una squadra che meraviglie­rà. Non ci sono assessori in quota M5S».

Raggi prende in braccio il figlio (seduto nel pubblico col marito della sindaca Andrea Severini), lo fa sedere al suo posto, saluta i genitori, presenta i componenti della sua squadra uno ad uno: dal vicesindac­o Daniele Frongia fino all’ultima entrata, la giovane ricercatri­ce Linda Meleo. Non c’è Andrea Lo Cicero, che prova a fare buon viso a cattiva sorte: «Apprendo con grande stupore di non essere in giunta. Ma faccio un rugbistico in bocca al lupo».

Nel pubblico, in prima fila, vicino alla famiglia Raggi c’è anche Pieremilio Sammarco, «mentore» della Raggi, titolare dello studio che difende Cesare Previti, dove la sindaca lavorava: «Siamo suoi amici, che male c’è?», dicono. Sammarco ci tiene ad allontanar­e da sé sospetti: «Non abbiamo dato consigli, non abbiamo indicato nomi. Siamo profession­isti e basta. E, certo, siamo contenti per Virginia». Avranno almeno moltiplica­to il lavoro: «Per ora ci sono solo arrivati più curricula di avvocati che vogliono lavorare da noi...».

Nel suo discorso di insediamen­to — dopo l’Inno di Mameli e il minuto di silenzio per Beau Solomon, il ragazzo americano ucciso nel Tevere (le opposizion­i chiedono che sia fatto anche per le vittime di Dacca, ma la maggioranz­a non capisce) — Raggi strappa cinque applausi, evoca «Luigi Petroselli e Giulio Carlo Argan», i sindaci di sinistra degli anni ‘70, dice che aprirà «il Campidogli­o la domenica», annuncia lo streaming quasi totale. Oggi al prima giunta sarà sui migranti. Intanto, però, il sito del Comune annaspa, i nomi della giunta li dà per primo il blog di Beppe Grillo e la votazione sui vicepresid­enti d’aula è sbagliata e viene rifatta. Il Pd non applaude, ma da Stefano Fassina e Alfio Marchini arrivano due «aperture». Il primo presenta la mozione per fare il referendum sulle Olimpiadi (a M5S andrebbe bene), il secondo parla di «aria di freschezza in Campidogli­o». Il vento, magari, è cambiato davvero.

Ricordiamo­ci sempre da dove siamo partiti Siamo cittadini e tra i cittadini dobbiamo rimanere È la nostra grande occasione per cambiare le cose Sappiamo che non sarà facile ricostruir­e una città in macerie

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