Corriere della Sera

Bari, 13 anni di battaglie legali per rifare il tribunale abusivo

Il Comune contro l’impresa: il progetto è fermo, mentre piove dentro al Palazzo di Giustizia

- Michelange­lo Borrillo @MicBorrill­o

Quando lo scorso 9 giugno il Consiglio di Stato chiarì che, nonostante le sentenze di ottemperan­za ottenute dall’Impresa Pizzarotti nel 2010, «è preminente l’esigenza di conformità al diritto comunitari­o», sembrava fosse stata scritta la parola fine. Per un’opera che si attende dal 2003: la Cittadella della Giustizia di Bari. E invece, dopo 13 anni di contenzios­i legali tra l’impresa di Parma e il Comune di Bari, la questione non è ancora chiusa: Pizzarotti — che nell’agosto del 2003 vinse un bando pubblico di ricerca di mercato dell’amministra­zione, mai eseguito — farà ricorso alle sezioni unite della Corte di Cassazione, forte di 8 vittorie legali dal 2003 a oggi, in particolar­e al Consiglio di Stato (2007 e 2010) che decise anche di nominare un commissari­o ad acta per portare a termine la procedura (con variante urbanistic­a) in caso di inerzia del Comune.

Se già nel 2003, a Bari, l’attività giudiziari­a si svolgeva con

Ancora in aula La società di costruzion­i Pizzarotti annuncia che farà un nuovo ricorso

gravi difficoltà struttural­i e logistiche, dopo 13 anni la situazione è ovviamente peggiorata: il cosiddetto «nuovo» Palazzo di giustizia di via Nazariantz non solo ha problemi di staticità e di permeabili­tà (ci piove dentro), ma — caso più unico che raro — l’attività si svolge in un immobile dichiarato abusivo dal 2006 perché la funzione sovracomun­ale si tiene su un’area a servizio dei residenti.

Per mettere insieme gli uffici giudiziari disseminat­i in città, il sindaco di Bari Antonio Decaro ha individuat­o, nell’area ex Casermette, un progetto alternativ­o rispetto a quello del 2003, che spera di concretizz­are in 3 anni, al massimo 4: «Una ricerca di mercato — ha esultato dopo la sentenza del Consiglio di Stato — non poteva dar luogo all’appalto della più grande opera pubblica della città senza una gara pubblica, come sancito dalla Corte di giustizia europea nel 2014. Nel Patto per la Città Metropolit­ana ho fatto inserire 300 mila euro per la progettazi­one e per l’intera opera servono 90 milioni: il ministero ci ha garantito che Bari sarà inserita nel piano per l’edilizia giudiziari­a con fondi Cipe».

Ma l’impresa Pizzarotti non ci sta: non solo fa sapere «di essere in grado di ultimare l’opera in 30 mesi, senza alcun anticipo di risorse pubbliche, offrendo lavoro a 150 aziende e 2.500 maestranze locali ma, soprattutt­o, ha deciso di «porre in essere le dovute azioni presso le giurisdizi­oni nazionali ed europee per denegata giustizia con ricorso in Cassazione-sezioni Unite Civili».

Di certo c’è che, per almeno altri 3 anni — sia in caso di esito positivo del ricorso di Pizzarotti, sia nel caso contrario in attesa dei fondi pubblici — nel tribunale di Bari continuerà a piovere. Come avviene dall’inizio del nuovo millennio.

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