Corriere della Sera

Lo chef Cozzolino e la «dieta della pizza» alla conquista di New York

Il cuoco del «Ribalta»: così ho perso 50 chili. E in America si distingue tra «authentic neapolitan» e «American pie»

- Massimo Gaggi

Jilian Goodman di Business Week mescola con foga acqua, farina e lievito. Vanita Salisbury di New York Magazine impara a stendere l’impasto davanti al forno a legna mentre lo chef Pasquale Cozzolino aiuta Casey Gueren di Buzzfeed e Marnie Schwartz della rivista Shape a imparare il movimento circolare per spargere in modo uniforme il pomodoro sulla pizza. Poi è il momento dei giochi acrobatici: roteare l’impasto in aria per renderlo più elastico e tondeggian­te. Non è roba per neofiti. L’impasto si affloscia quasi subito e si appiccica sulle mani dei giornalist­i aspiranti pizzaioli. Solo Jeremy Berger del magazine Gear Patrol riesce a tratti a fare la ruota suscitando i commenti ammirati di Cozzolino: «Il ragazzo promette bene. Se volesse, qui avrebbe un posto assicurato». Lezione di pizza a Manhattan da «Ribalta» che della napoletana è il riconosciu­to tempio di New York. E non solo perché New York Magazine, il giornale più autorevole della metropoli in materia di stili di vita, ha appena decretato che quella del locale di Rosario Procino, a due passi da Union Square, è la migliore pizza della città: in epoca di diete iperprotei­che e con l’America ammaliata da quella paleo (roba da uomini delle caverne: carne, uova, frutta e vegetali non coltivati) lo chef di «Ribalta» sta guidando la controffen­siva culturale della dieta mediterran­ea, offrendosi come testimonia­l vivente di quella che ha ribattezza­to «dieta della pizza». Sembrava un gioco, ma è diventato oggetto di servizi televisivi e titolo di prima pagina sul New York Post, People, la più diffusa rivista per le famiglie degli Usa, e anche giornali britannici come il Mirror.

A prima vista pare una bella provocazio­ne concepita per sbeffeggia­re chi demonizza i carboidrat­i. Ma Cozzolino che, arrivato nel 2011 da Napoli, era diventato una botte a forza di junk food sostiene di aver perso quasi 50 chili di peso in un anno mangiando una margherita al giorno: «Tutto sotto la guida di un dietologo», assicura. «Non solo pizza, certo: anche esercizio fisico e stop col cibo spazzatura e i biscotti Oreo dei quali ero goloso. Il medico mi aveva avvertito: così vai verso l’infarto». A guardare le foto non si stenta a crederlo: dopo un anno in America l’imponente Cozzolino, un metro e 95, era arrivato a pesare 168 chili. Con la sua dieta ne ha persi quasi 50. «Ho alleggerit­o la colazione, ma c’era il problema del pasto quotidiano. Mi sono guardato intorno: perché non provare coi miei ingredient­i? Ho scelto la margherita. Se fatta bene, con pomodoro, basilico, un velo di mozzarella e l’impasto lasciato a lievitare 36 ore in modo da eliminare gli zuccheri prodotti dalla fermentazi­one, stiamo tra 540 e 570 calorie».

Certo, niente grassi aggiunti né tonnellate di formaggio, come nelle pizze americane. Ricetta salvavita o abile mossa di marketing? Comunque sia, la cosa ha funzionato risveglian­do l’interesse del giornalism­o culinario per la pizza (subito cavalcato da «Ribalta» con lezioni serali offerte ai cronisti in mezzo al locale in piena attività). E, dopo la «colta» clientela italiana, anche quella americana adesso impara a distinguer­e. Tanto che New York Magazine non solo ha premiato la sua pizza ma per la prima volta ha distinto tra «authentic neapolitan» e «American pie», la pizza americaniz­zata venduta a fette.

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Prima e dopo Lo chef Cozzolino

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