Corriere della Sera

WhatsApp e Instagram Il telefono dei ragazzi

La nostra inchiesta/racconto delle abitudini di 10 Millennial­s. Con una sorpresa: lo smartphone viene usato per tutto tranne che per parlarsi direttamen­te. La comunicazi­one avviene attraverso i videomessa­ggi. Le chiamate si fanno (quasi) solo ai genitori.

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è organizzat­a intorno ai gruppi. WhatsApp è il motivo per cui, intorno ai 12 anni, ai ragazzi viene regalato il primo smartphone. «Ce l’avevano tutti», racconta Marco. «Senza ero tagliato fuori». Non sono capricci, è la realtà. C’è il gruppo della classe, il gruppo dei maschi/delle femmine, quello ristretto di amici/amiche, quello della famiglia (con i fratelli e sorelle, non per forza i genitori), quello dell’oratorio, dello sport, della lingua straniera, delle vacanze. Si inizia condividen­do con i genitori quello che si scrive e a chi, poi parte l’onda di una comunicazi­one infinita che serve anche a sperimenta­re com’è il mondo lì fuori. «WhatsApp è fondamenta­le», ci spiega Marta. «Per vedermi con le amiche, organizzar­ci con la classe per le uscite, passarci i compiti, raccontarc­i quello che hanno detto i professori».

Ma pensare che la comunicazi­one si riduca a una continua digitazion­e di parole ed emoticon è sbagliato. Il mezzo di comunicazi­one preferito resta la parola. Ma non quella sincrona e comunque intempesti­va della telefonata, bensì quella asincrona e rispettosa del messaggio vocale. «Certe cose non puoi raccontarl­e con un messaggio», è Maida questa volta che prova a spiegarci. «Allora mandi un audio, a un’amica o a un gruppo. Così chi lo riceve può ascoltarlo quando ha tempo e quando ha voglia». A meno di emergenze, addio alle telefonate. E anche ad altre app di messaggist­ica: Telegram e Messenger, dopo essere stati provati, rimangono ai margini.

Passiamo ai social network, spina dorsale di questa generazion­e, ma spesso con spirito anche più critico del nostro. Perché questi ragazzi e ragazze conoscono molto bene quello che usano. Sui social ci mettono la loro vita e dunque ne conoscono ogni singola caratteris­tica, virtù e pecca. Facebook per esempio è un caos, tutti leggono tutto. E dunque nessuno lo usa. Come con WhatsApp, anche il voto sui social è unanime: Instagram, e in secondo battuta SnapChat. E benché diverse, le due app vengono utilizzate in un modo non dissimile. Cioè per postare la propria vita, e ricevere like e follower, dunque riconoscim­enti e riconoscib­ilità a scuola. E per guardare cosa succede nella vita degli altri.

Ma non gli altri a caso:

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