Federer si inchina alla gioventù e ai missili di Raonic
A Wimbledon in finale Milos che batte a 231 km/h
DALLA NOSTRA INVIATA interrupta e senza ritmo, salvo rari guizzi, la perde Federer proprio quando ce l’ha in pugno. Avanti due set a uno (3-6, 7-6, 6-4) grazie a certe ingenuità del canadese e alla sua difficoltà nel piegarsi come una giraffa per raccogliere dal prato gli squisiti back di rovescio, nel quarto il maestro non sfrutta tre palle break, orrore, brutalizzato dal servizio del rivale. Sul 6-5 per Raonic, poi, Federer si fa rimontare da 40-0 con due doppi falli («Inspiegabile» commenterà, amaro), finendo trafitto da un fatale passante di dritto di Milos (7-5) diventato, in questo corso d’aggiornamento rapido nel giardino di Wimbledon, un promettente erbivoro.
Potenza con controllo, insomma. Sotto lo sguardo languido di Bjorn Borg, uscito dal letargo, Raonic dimostra mano felice nei rovesci strettissimi, ad angolo acuto, e nelle volée, mentre il vecchio panda spolvera l’argenteria (il serve and volley, gli attacchi in controtempo), che si rivelerà inadeguata per questo videogioco moderno, la terapia d’urto cui domani il canadese cercherà di sottoporre Andy Murray,
l’enfant du pays che insegue il bis in casa (Berdych si conferma top-10 inutile e lezioso).
È la gioventù, 25 anni contro quasi 35, a scavare il solco nel quinto set; uno scivolone costringe Roger ad assaggiare l’erba e a rialzarsi massaggiandosi il ginocchio («Spero di non essermi infortunato, dopo gli esami ne saprò di più»), il break sul 2-1 chiude le ostilità (6-3) perché Federer ormai è in riserva, stanco, triste y, speriamo, non final. Ci rassicura, cupo ma non torvo: «Ho
Deluso e arrabbiato
avuto le mie occasioni, non le ho sfruttate. Sono deluso e arrabbiato, ci sono punti di questa semifinale che vorrei dimenticare però non considero quello contro Raonic il mio ultimo match sul centrale. Da questo Wimbledon esco più forte fisicamente, rassicurato sulla mia salute». È un arrivederci, non è finzione. Ma che speranze potrà avere, contro la nuova generazione dei giganti armati (Raonic, Kyrgios, Zverev), un antenato con uno strepitoso avvenire alle spalle?
In finale Murray (6-3 nei precedenti) difenderà se stesso e la memoria di Federer. Con McEnroe che gli grida nelle orecchie, Raonic viaggia leggero, portatore sano di colpi definitivi (ieri 75 vincenti), gioventù, futuro. E ha una fretta del diavolo.