«L Manette al leader dei «Black» lui pubblica tutto in diretta Il movimento afro è in crisi
Pacifici, tecnologici, giovani: gli scontri ora minano il loro messaggio
e proteste sono una forma di disruption», ha dichiarato DeRay Mckesson alla Lettura lo scorso aprile, utilizzando con consapevolezza un termine simbolo delle rivoluzioni che nascono in Silicon Valley.
Quando sabato sera l’attivista del movimento Black Lives Matter ha filmato e trasmesso in diretta il suo arresto — occhi puntati in camera, tono di voce chiaro, la scritta #staywoke, slang per «resta sveglio», sulla t-shirt — la sua missione è apparsa evidente: se un nero non documenta, non esiste.
Lo sapeva la fidanzata di Philando Castile, che ne ha filmato in diretta su Facebook l’omicidio da parte di un poliziotto. Lo sanno gli intellettuali di riferimento dei giovani attivisti neri: il corpo degli afroamericani è invisibile, scrive la poetessa Claudia Rankine. Ed è il caso, spesso, a deciderne la vita e la morte, aggiunge lo scrittore Ta-Nehisi Coates.
Mckesson, nato nel 1985 in un ghetto di Baltimora da genitori ex tossicodipendenti, ha letto i loro libri e frequentato le periferie americane dove si forma il divario tra bianchi e neri. Il suo arresto (ieri sera è stato rilasciato) potrebbe aiutare il movimento contro le discriminazioni razziali di Stato — nato nel 2012 in risposta all’omicidio del giovane Trayvon Martin, ucciso in Florida da un poliziotto dopo una lite — a superare la crisi degli ultimi giorni. Accusato dai conservatori di essere il «mandante morale» della strage dei poliziotti di Dallas, Black Lives Matter deve riguadagnare, come ha scritto il New York Times, fiducia e consenso tra i segmenti più moderati e impauriti della società americana. Il giovane Mckesson potrebbe rappresentare la soluzione, ad alto impatto mediatico, per un gruppo che ha unito con un’idea forte — le vite dei neri contano — anime molto diverse. Fin dall’inizio,
l’ex professore di matematica abilissimo su Twitter è riuscito a farle dialogare, tenendo insieme i rivoltosi dei quartieri ghetto di West Baltimora con le celebrity Beyoncé e Oprah Winfrey, le quali hanno visto in lui un rappresentante sufficientemente arrabbiato, innovativo e televisivo per far compiere il salto di qualità alla causa afroamericana.
A differenza delle fondatrici di Black Lives Matter — Alicia Garza, Patrisse Cullors e Opal Tometi —, radicali nella presa di distanza dallo Stato, Mckesson ha sempre cercato il confronto con il potere: dal presidente Barack Obama a Jack Dorsey, fondatore di Twitter.
«La pressione per il cambiamento deve essere esercitata su entrambi i fronti: quello esterno, attraverso proteste e mobilitazioni spontanee, e quello interno, occupando posizioni di potere nelle istituzioni», aveva detto alla Lettura. Si può e si deve protestare, per strada e sui social network, ma per cambiare servono riforme radicali. Per questo lo scorso aprile DeRay si è candidato — perdendo — a sindaco di Baltimora, una delle città-simbolo del disagio degli afroamericani, che ha chiuso il 2015 con 344 omicidi (su 600 mila abitanti), di cui il 90% ha riguardato neri tra i 18 e i 30 anni.
Nel suo programma spiccava «un approccio olistico alla sicurezza», che l’ex insegnante motivava così: «Sicurezza significa buone scuole, famiglie solide, lavoro e prevenzione. Un poliziotto non può e non deve fare prevenzione». Le politiche di tolleranza zero degli ultimi decenni hanno modificato gli scopi e quindi la natura delle forze dell’ordine. Come ha detto David Simon, il creatore della serie tv ambientata a Baltimora The Wire: «Le statistiche hanno distrutto il lavoro della polizia, costringendo i poliziotti alle maniere forti di chi deve produrre innanzitutto numeri». Solo lo scorso anno
990 persone sono state uccise per mano di un poliziotto, di queste 258 erano nere (gli afroamericani sono meno del 13% della popolazione). Se oggi questi numeri sono disponibili non è per la trasparenza del dipartimento di Giustizia, che continua a non pubblicare dati, ma grazie alla tenacia di un movimento che non ha mai smesso di denunciare utilizzando tutti gli strumenti offerti dalle nuove tecnologie.
Black Lives Matter sa che non può rinunciare alla domanda di una riforma delle forze dell’ordine, ma per sopravvivere deve accompagnarla con un approccio che tenga insieme economia, educazione, cultura. Che sia Mckesson la persona giusta per riuscirci?
Fronte esterno «Le proteste sono una forma di disruption» aveva detto DeRay Mckesson Fronte interno La pressione per il cambiamento va esercitata anche occupando posti di potere