Patuelli (Abi): bene l’Eurotower, apre una fase nuova
«Il messaggio di evitare le svendite di crediti deteriorati è forte e va seguito»
MILANO «Finalmente il quadro non è più teorico. Il presidente della Bce Mario Draghi parla di eventuale paracadute pubblico per le banche ma lo circostanzia in casi eccezionali che sono previsti dalla normativa e che erano stati messi in secondo piano da un’interpretazione restrittiva. Draghi dà un’interpretazione autentica: non è la via principale ma è possibile in casi eccezionali di assoluta necessità». Antonio Patuelli, presidente dell’Associazione bancaria italiana (Abi), coglie una svolta.
C’è un approccio più pragmatico al problema?
«Il presidente Draghi, come in tutti i momenti importanti, ha parlato alto, chiaro e forte seguendo una linea di coerenza. La Bce è spesso bicipite, con una testa monetarista molto favorevole alla ripresa con tassi infimi e una testa più arcigna e restrittiva con ulteriori complicazioni per le banche. Oggi Draghi ha parlato a nome di tutte le teste».
Draghi ha detto che il problema degli Npl per le banche è «più di redditività che non di solvibilità».
«Sui crediti deteriorati ha ribaltato l’approccio basato sull’urgenza che impone la svendita, aprendo la strada alla valorizzazione degli asset. Ha parlato di stock. Ha detto che le sofferenze devono essere gestite e vendute. Dunque evitare le svendite di crediti deteriorati. È una frase forte. Apre una nuova fase».
È un cambio rispetto al passato?
«Prima il messaggio era vendere a tutti i costi, l’importante era farlo subito. Se ci fosse stata questa nuova aria a metà del novembre scorso non si sarebbero così pesantemente svalutati i crediti delle quattro banche (Etruria, Banca Marche, CariFerrara, CariChieti, ndr). L’esperienza del Banco di Napoli, che ha messo in un contenitore i crediti deteriorati, insegna. Non svendere significa anche evitare degli eccessivi guadagni per alcuni, quando le banche a volte hanno guadagni assai ridotti poiché si presta a tassi limitatissimi. Draghi ha poi detto che i crediti deteriorati sono un problema del mondo bancario europeo. In Italia si ha il difetto di guardare troppo al di qua delle Alpi».
Anche le banche italiane stanno meglio rispetto al 2009 come ha detto Draghi?
«Non posso che essere d’accordo. Il presidente Bce parla della situazione europea sulla base dei dati della Vigilanza, su elementi solidi che egli ha. Quanto all’Italia, a tre settimane dal referendum sulla Brexit lo spread si è progressivamente ridotto intorno ai 125 punti base, un livello simile a quello precedente alla consultazione britannica. L’emozione è un po’ scemata. Del resto noi abbiamo fatto più ristrutturazioni bancarie che in altri Paesi e arriva il momento in cui i frutti si colgono».
Lo spread è tornato ai livelli pre-Brexit intorno ai 125 punti base
Cosa si aspetta adesso?
«Bisogna leggere insieme tre elementi. Si tratta di vedere se il flusso dei crediti deteriorati in questo semestre sia aumentato, uguale o ridotto. Confido che abbia cominciato a ridursi e nel caso si aprirebbe una prospettiva diversa: con un minore afflusso di crediti deteriorati si comincerebbe a vedere un qualche spiraglio di redditività. Lo stock, i flussi e il conto economico sono variabili interconnesse che mi fanno guardare all’oggi e al domani più serenamente».