Erdogan ora «mette in pausa» i diritti umani
Promulgato lo stato d’emergenza (tre mesi) con la sospensione della Convenzione europea. «Golpe civile»
Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha ora tutti i poteri per «sradicare il cancro del tradimento» che ha portato al tentato golpe militare di venerdì scorso. Lo stato di emergenza approvato dal Parlamento dà al governo mano libera per aumentare la detenzione preventiva e i poteri inquirenti, ma anche per vietare cortei, negare diritti civili e libertà individuali senza controlli da parte della magistratura o del Parlamento. Non è la legge marziale, ma Ankara ha comunque annunciato la sospensione della Convenzione europea sui diritti umani.
Il provvedimento proposto dal governo è stato votato da 346 deputati del partito del presidente (Akp) e dei nazionalisti (Mhp). Contrari 115 tra rappresentanti del partito repubblicano (Chp) e della sinistra filo curda (Hdp). Il Chp ha definito lo stato di emergenza un «golpe civile». L’esecutivo al contrario assicura che «la democrazia turca non è in discussione». Il presidente ha cercato di rassicurare i cittadini: «Anche la Francia ha adottato lo stato di emergenza dopo gli attacchi terroristici». Per Erdogan il pericolo di una sollevazione orchestrata dall’imam miliardario Fethullah Gülen in auto esilio negli Usa da anni non è ancora completamente sventato. Per questo le azioni devono essere rapide. Il ministro della Giustizia Bekir Bozdag prevede che la durata dello stato di emergenza potrebbe essere inferiore ai tre mesi già decisi, mentre il vice premier Mehmet Simsek ha spiegato che non ci sarà coprifuoco, né restrizioni dei movimenti, della libertà di stampa, delle manifestazioni o tantomeno sarà impiegata la tortura. A giudicare dai lividi sui volti degli ufficiali golpisti, dei corpi nudi dei militari ammassati per terra, del blocco dei viaggi all’estero dei docenti universitari o dei licenziamenti di massa i dubbi sollevati dalle organizzazioni per i diritti umani risultano ragionevoli.
Un primo banco di prova verrà dalla manifestazione promossa dall’opposizione per domenica in Piazza Taksim. Europa e Stati Uniti sembrano aver preso atto della rabbia di Erdogan per le critiche piovutegli addosso e il tono delle dichiarazioni è diventato più cauto e rispettoso. Il ministro degli Esteri Tedesco Frank-Walter Steinmeier si è limitato ad affermare che un eventuale prolungamento dello stato di emergenza «finirebbe per esacerbare le tensioni interne alla Turchia» senza più nominare le decine di migliaia di epurazioni già realizzate nel Paese. Ancora più scomoda la posizione americana. Washington dovrà presto o tardi decidere se consegnare Gülen come chiede Ankara che lo considera la mente del golpe oppure aprire una crisi imprevedibile con un alleato chiave in Medio Oriente.