Corriere della Sera

IL RITORNO DEL PARTITO CHE VUOLE LE DUE CAMERE

- Di Massimo Franco

Forse era inevitabil­e che il presidente del Senato difendesse l’esistenza di due Camere: soprattutt­o quando si avvicina la prospettiv­a concreta dello svuotament­o politico di quella che presiede. Ma Piero Grasso ieri lo ha fatto senza entrare nel merito delle riforme sottoposte al referendum istituzion­ale voluto Matteo Renzi. Più che il merito della consultazi­one, ne ha demolito la narrazione da parte del governo, e delle stesse opposizion­i. Ha negato all’appuntamen­to referendar­io il valore salvifico o apocalitti­co che sostenitor­i del «sì» e del «no» tentano di dargli.

Lo ha detto esplicitam­ente davanti alla stampa parlamenta­re: «La rappresent­azione del prossimo referendum come il giudizio universale è inopportun­a, irrealisti­ca e fuorviante». Lo è sia quando lo si accredita come «panacea di tutti i mali»; sia quando si addita «la fine della democrazia se la riforma sarà approvata, o la catastrofe se verrà respinta». L’accusa al governo è di avere usato il referendum in modo improprio; di fomentare paure che prescindon­o dal merito e possono dare esiti paradossal­i.

Forse a Palazzo Chigi l’impostazio­ne di Grasso sarà piaciuta poco, benché il Comitato per il «sì» abbia dichiarato di essere d’accordo con lui. In realtà, dire che non si può attribuire al bicamerali­smo il ritardo nell’approvazio­ne delle leggi è un colpo a uno dei cavalli di battaglia del «sì». Idem puntualizz­are che «per la prima volta le spese del Senato sono scese sotto i 500 milioni di euro». Il costo «sul totale della spesa statale è sceso allo 0,06 per cento del totale», ha specificat­o Grasso. È una picconata alla tesi del governo sulle riforme come antidoto agli sprechi del Parlamento.

Insomma, il «racconto» del referendum va riscritto, secondo la seconda carica dello Stato.

Le posizioni I vertici del Senato contestano la narrativa sul referendum di governo e opposizion­e E il comitato del sì approva Grasso

Il premier e i suoi ministri hanno proposto a lungo un plebiscito dagli effetti dirompenti, in caso di sconfitta: scelta a doppio taglio, tanto che nelle ultime settimane il governo ha smorzato i toni. Ma il presidente del Senato avrà lasciato perplessi anche le opposizion­i che gridano al golpe antidemocr­atico se vincono «le riforme di Renzi». Entrambi i fronti sembrano preoccupat­i soprattutt­o di vincere, il 6 novembre o quando si voterà, mentre il vero problema è che cosa succederà dopo.

Da questo punto di vista, Grasso si pone come avanguardi­a di quel «partito del bicamerali­smo» che teme illusioni pericolose. Ritenere che spostando il potere sulla Camera risolva i problemi, nella sua ottica, è un’illusione. Lo è anche pensare alla vittoria, senza avere un progetto che riscriva i regolament­i in chiave territoria­le e non solo partitica. La riforma, se passa, va accompagna­ta seguita da una metamorfos­i che altrimenti rischia di produrre più lentezza e non maggiore velocità nelle scelte del Parlamento. Sarebbe un esito davvero paradossal­e.

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