Da 40 anni su Marte
La prima sonda del luglio 1976 e il sogno infinito di trovare vita
Robinson Crusoe on Mars Del 1964, è una rivisitazione del classico di Daniel Defoe s there life on Mars?», «C’è vita su Marte?» cantava David Bowie. A 40 anni dall’arrivo della prima sonda funzionante sul Pianeta rosso, la risposta a questa domanda ancora non c’è. Come racconta l’astrofisico Amedeo Balbi nel suo ultimo libro (Dove sono tutti quanti?), la voglia di crederci è cresciuta, scemata e poi cresciuta ancora.
Quando il 20 luglio del 1976 la Viking 1 si è posata sulla regione chiamata Chryse Planitia, in foto abbiamo visto un paesaggio arido come un deserto. Nessuno si aspettava più di trovare dei canali scavati da esseri intelligenti: dal celebre avvistamento di Giovanni Schiaparelli era passato ormai un secolo. Ma dei microbi potevano esserci, e si sperò di rintracciarli nei primi campioni di suolo prelevati. Nonostante il gelo, infatti, Marte sembra ancora un bel posto per cercare la vita: grande circa la metà del sasso che chiamiamo casa, con un giorno della stessa durata dei nostri e un anno lungo il doppio, stagioni simili e una distanza dal Sole che lascia accesa qualche speranza.
Il verdetto dei primi test purtroppo fu ambiguo, e non andò meglio con la Viking 2 atterrata due mesi dopo ad Utopia. Gli ottimisti però notano che persino nel nostro mondo esistono microrganismi capaci di sopravvivere in ambienti estremi. Inoltre, grazie al lavoro delle successive missioni, si ritiene che Marte in un lontano passato sia stato un luogo meno ostile di adesso. Con un’atmosfera più densa, un clima temperato e acqua liquida in abbondanza. Probabilmente è rimasto umido e abitabile a lungo. Forse la vita si è originata anche lì, per poi estinguersi. Forse da lì è arrivata qua. O forse non è accaduto nulla di tutto questo.
La fine della stagione d’oro dell’esplorazione spaziale ha segnato anche un ribasso della Marte-mania, finché nell’agosto del 1996 la febbre è tornata a salire. Nei ghiacci dell’Antartide è stato trovato un antichissimo meteorite marziano, ALH84001. Per un po’ la Nasa ha creduto di scorgervi tracce batteriche, ma ben presto i più si sono ricreduti. L’ultimo indizio a cui aggrapparsi è il metano atmosferico, che potrebbe avere origine geologica, certo, ma anche biologica. Nuove informazioni arriveranno dal rover della missione ExoMars, delle agenzie spaziali europea e russa, che attorno al 2020 scaverà nel sottosuolo della pianura Oxia Planum. Un tempo da quelle parti, racconta Balbi, dovevano esserci dei laghi e il delta di un fiume. Come reagiremo se finalmente troverà le prove che stiamo cercando? L’inizio Le prime foto di Marte scattate da Viking nel 1976. Sotto, il pianeta rosso visto dalla sonda Rosetta