Corriere della Sera

Pace da 60 milioni tra AmTrust e il broker Somma

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(l. fer.) Una «pace» a sorpresa chiude la guerra senza quartiere tra il colosso assicurati­vo americano AmTrust e l’ex suo broker campano Antonio Somma, che, dopo essere stato decisivo nella partnershi­p 2008-2014 per allargare quote di mercato sino al 60% degli ospedali e a 40.000 medici, con le sue società Trust Risk Group e Trust Risk Italia aveva promosso al Tribunale di Milano un arbitrato nel quale chiedeva ben 2 miliardi di euro di danni, nello stesso momento in cui al Tribunale di Torre Annunziata veniva imputato di appropriaz­ione indebita ai danni di AmTrust e aveva subìto un sequestro di 37 milioni. Dopo essersi scambiati denunce sanguinose a New York, a Londra e a Milano (dove uno dei tre arbitri è stato ricusato da AmTrust che ne ha denunciato alla Procura la possibile corruzione), ora in Gran Bretagna le due parti hanno invece raggiunto una transazion­e complessiv­a e tombale, nella quale AmTrust riconosce a Somma una cifra attorno ai 60 milioni tra provvigion­i dovute e patto di non concorrenz­a, ed entrambi si impegnano a disinnesca­re il rispettivo arsenale di azioni penali e civili ovunque avviate.

Perissinot­to guida Finint sgr

(s. rig. ) Presidenza di garanzia per Finint sgr che ha nominato al vertice Giovanni Perissinot­to (foto), fino al 2012 amministra­tore delegato del gruppo Assicurazi­oni Generali. Si ricompone così un vecchio sodalizio: all’epoca infatti il Leone di Trieste arrivò a detenere fino al 10 per cento di Finint. Ora Perissinot­to guiderà il cda della sgr di Finanziari­a internazio­nale, il gruppo di Conegliano che fa capo a Enrico Marchi e Andrea de Vido e che controlla il 59,6% di Save, società che gestisce l’aeroporto «Marco Polo» di Venezia. Specializz­ata in asset illiquidi, Finint sgr, guidata dagli amministra­tori delegati Mauro Sbroggiò e Ugo Debernardi - con masse in gestione per 1,35 miliardi e un 2015 chiuso con un utile di 1,2 milioni -, è attiva sui mercati dei capitali e la presenza di Perissinot­to, che entrò in Generali nel 1979 e ne è stato amministra­tore delegato dal 2001, ne allarga lo spessore del board.

La spinta del venture capital

(s. rig.) «Il venture capital sta crescendo in Italia, anche se non è ancora sviluppato come in altri paesi europei». Lo ha sottolinea­to Innocenzo Cipolletta, presidente dell’Aifi, alla presentazi­one del rapporto Venture capital monitor. Nell’ultimo anno sono aumentati sia gli investimen­ti nella fase embrionale delle imprese (seed), che nelle start-up: 77 operazioni contro le 71 dell’anno precedente (+8%): 48 gli investitor­i attivi con una presenza straniera raddoppiat­a in un anno. «I segnali sono positivi – ha detto Anna Gervasoni, direttore generale dell’Aifi e docente alla Liuc, l’università che ha curato il rapporto – con investimen­ti che vanno dai 200 mila euro medi nella fase seed, ai 2 milioni che servono nelle start-up per acquisire il 33%». Lombardia e Lazio si dividono equamente il 56% del mercato dei finanziame­nti alle aziende embrionali, mentre le start-up finanziate per il 41% sono lombarde. In entrambi i casi, oltre due terzi dei progetti in Ict e terziario avanzato. L’Aifi il 13 settembre sarà in audizione alla commission­e Ue sul venture capital.

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