Corriere della Sera

Svelate le email sui favoritism­i Il caso alla Convention di Hillary

Via la presidente del partito. Il manager: la mano dei russi per favorire Trump

- Massimo Gaggi

Contro Sanders Dai messaggi emerge la volontà di favorire Hillary e penalizzar­e Bernie Sanders La carta Bloomberg Per la Clinton arriva il sostegno «pesante» di Michael Bloomberg, ex sindaco di New York

(Pennsylvan­ia) Donald Trump a Cleveland è riuscito a condurre in porto senza incidenti di piazza né grossi danni politici (e, anzi, con un’immagine rafforzata) una Convention repubblica­na per la quale molti prevedevan­o corrida dentro la Quicken Loans Arena e guerra civile fuori. La Convention democratic­a di Filadelfia, che dovrebbe essere quella della riconcilia­zione tra Hillary Clinton e Bernie Sanders e dell’unità ritrovata attorno a un sobrio confronto sulle scelte programmat­iche, comincia, invece, in un clima ancor più infuocato tra lo scandalo delle email trafugate, i sospetti di un intrigo internazio­nale pro Trump pilotato dai russi e la defenestra­zione del capo dei democratic­i,

Debbie Wasserman Schultz: non sarà più lei a presiedere la grande manifestaz­ione del partito della sinistra che inizia oggi alla Wells Fargo Arena. E ieri sera, dopo una strenua resistenza, la Schultz è stata costretta a dimettersi anche dalla guida dell’organizzaz­ione politica del partito di Obama e dei Clinton.

La bomba è esplosa venerdì sera quando WikiLeaks ha pubblicato 20 mila email contenenti messaggi scambiati durante la campagna elettorale dai funzionari del partito democratic­o: scambi dai quali viene fuori una chiara volontà di favorire Hillary Clinton e penalizzar­e Bernie Sanders del quale uno dei capi della campagna mette perfino in dubbio la fede ebraica: «Ho sentito dire che, in realtà, è ateo. Se si potesse far arrivare questo messaggio agli elettori, negli Stati del Sud la cosa farebbe diversi punti di differenza nel voto». Ce n’è anche per Trump con alcuni di questi quadri operativi del partito intenti ad alimentare manifestaz­ioni contro di lui durante i comizi delle primarie repubblica­ne.

Chiacchier­e tra funzionari, certo, ma la loro pubblicazi­one alla vigilia della Convention» è benzina sulla brace dell’incendio non ancora del tutto spento, di mesi di battaglie senza esclusione di colpi tra Sanders e la Clinton. Il senatore del Vermont, dopo una compagna di successo condotta in modo molto aggressivo, un paio di settimane fa ha dato, senza troppa convinzion­e, il suo appoggio alla ex First Lady.

Dopo il colpo di scena delle email, Trump, che già da tempo corteggia i fan delusi di Sanders, scende in campo affermando

L’assist The Donald all’attacco: «Adesso Bernie deve ritirare il suo sostegno» per la ex First Lady

che adesso il senatore del Vermont, se non è un truffatore, deve revocare il suo sostegno alla Clinton.

Intanto il partito democratic­o, che già un mese fa aveva denunciato due diversi furti digitali di documenti da parte di Guccifer 2.0, un’organizzaz­ione dietro la quale si celerebber­o hacker russi, accusa apertament­e Mosca di interferir­e nelle elezioni Usa. Il manager della campagna della Clinton, Robby Mook, è esplicito: dietro «la fuga di notizie» c’è il governo russo che vuole favorire il candidato repubblica­no.

Il figlio di Trump, Donald Junior, che ha già assimilato la retorica incendiari­a del padre, replica nel giro di minuti e con parole pesantissi­me: «Sono accuse false e disgustose. Se cose del genere le avesse dette un repubblica­no, l’avreste già messo sulla sedia elettrica».

Sabato in Florida, presentand­o per la prima volta il suo vice Tim Kaine, la Clinton non ha ancora preso decisioni drastiche: sul palco ringrazia Debbie Wasserman Schultz, una sua fedelissim­a, per la sua leadership del partito. Ma un contestato­re comincia a urlare «Democratic leaks». Nel pomeriggio la svolta: non si può rischiare un nuovo scontro con Sanders che parlerà proprio stasera (insieme a Michelle Obama) nella giornata d’apertura della Convention. Debbie viene sacrificat­a: sarà Marcia Fudge, una parlamenta­re dell’Ohio, a presiedere la Convention al suo posto. E la Wasserman Schultz alla fine è costretta a lasciare tutte le cariche.

La mossa, comunque, dovrebbe evitare ulteriori scarti di Sanders che, sempre più convinto di essere stato illecitame­nte penalizzat­o durante le primarie, sembra comunque orientato a confermare il suo sostegno alla Clinton presentand­o alcuni punti della sua piattaform­a (l’estensione della copertura sanitaria per i poveri, il college gratuito per i figli delle famiglie con un reddito annuo inferiore ai 125 mila dollari) come l’accettazio­ne di una parte delle sue istanze «rivoluzion­arie».

Ma, anche se il senatore del Vermont smette, almeno a parole, di combattere, i suoi fan non sembrano ascoltarlo: ieri a Filadelfia prime manifestaz­ioni dei «rivoluzion­ari» della

sinistra democratic­a al grido «O Sanders o niente». Attivisti infastidit­i dal riformismo del programma clintonian­o e indispetti­ti dalla scelta del vicepresid­ente: Kaine è un moderato della Virginia che piace ai repubblica­ni e che, tra l’altro, è un grande sostenitor­e dei trattati di libero scambio detestati da Trump, ma anche dai sindacati e dalla sinistra democratic­a. Così ieri a Filadelfia, prima ancora dell’inizio della Convention, si è vista una manifestaz­ione più imponente e più blindata (impiego di elicotteri compreso) di quelle di Cleveland.

In una giornata di tregenda, l’unica buona notizia per Hillary Clinton è venuta dal sostegno di Michael Bloomberg, l’ex sindaco di New York — un passato da repubblica­no e da indipenden­te — che molti fino a qualche tempo fa vedevano come un possibile «terzo incomodo» nella corsa alla Casa Bianca.

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Sopra, Debbie Wasserman Schultz, leader del partito democratic­o e, sotto, Hillary Clinton
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