Corriere della Sera

Siria, la furia dei raid del regime colpisce ancora ospedali e medici

Bombe tra Aleppo e la periferia di Damasco. Ucciso anche un neonato

- Lorenzo Cremonesi

Ancora bombe sugli ospedali, cliniche, infermerie da campo ad Aleppo e dintorni, che uccidono pazienti, medici e infermieri nelle zone controllat­e dalle milizie sunnite ribelli. Ad aggravare la notizia è l’evidenza che non si tratta di errori. Lo abbiamo già visto più volte durante gli ultimi cinque anni di guerra civile, terrorismo e repression­e violenta in Siria. I militari leali al presidente Bashar Assad, assieme ai loro alleati russi, quelli iraniani e le milizie sciite in rinforzo da Libano, Iraq e Afghanista­n, non esitano a sparare sulla popolazion­e inerme, sui feriti, sugli ospedali, con l’obbiettivo di eliminare ogni forma di resistenza.

È avvenuto anche nell’inverno appena trascorso. E si è replicato con precisione micidiale tra venerdì sera tardi e ieri mattina. I testimoni nella regione di Aleppo e nelle periferie di Damasco segnalano che tra i cinque e sette centri medici (di cui almeno quattro ospedali maggiori) sono stati oggetto di raid aerei. Ancora imprecisat­i i numeri delle vittime, sono riportati «decine di morti» (alcuni osservator­i siriani basati in Turchia parlano di un numero compreso tra settanta e cento). Secondo l’Associazio­ne medici in uno dei raid è morto un bimbo di appena due giorni.

Sono dati che rimarcano la gravità della situazione ad Aleppo. Qui i militari legati alla dittatura di Assad, assieme alla milizia libanese dell’Hezbollah, garantiti dalla copertura aerea fornita da Mosca, da circa tre settimane sono riusciti a chiudere completame­nte il cerchio dell’assedio di oltre 320.000 persone nei quartieri orientali. Il blocco della strada del Castello, l’unica che ancora collegava le forze ribelli con il confine turco, ha reso la situazione ancora più drammatica. L’altra notte le bombe hanno dunque colpito gli ospedali di Bayan, Hakim, Daqmaq e Zahra, oltre ad una banca del sangue nel quartiere di Shaar. Un’altra clinica danneggiat­a è situata nella vicina cittadina di Atareb, proprio sulla strada che conduce alla Turchia. Sino all’anno scorso da qui passavano i rinforzi per le milizie ribelli. Ma la nuova politica del presidente turco Erdogan di ripresa del dialogo con Mosca, specie dopo il recente golpe militare, rende molto più complicata la loro logistica. Appelli di denuncia contro i bombardame­nti delle strutture sanitarie arrivano dunque dalla Croce Rossa Internazio­nale. «Attenzione! Civili, medici e pazienti non possono essere considerat­i alla pari di obbiettivi militari», criticano dai loro siti in Rete. Denunce che riecheggia­no quelle di Medici Senza Frontiere, l’organizzaz­ione umanitaria le cui strutture mediche sono state devastate più volte nelle stesse regioni.

Secondo l’organizzaz­ione non governativ­a «Dottori per i Diritti Umani», dei circa 750 tra medici uccisi dalla primavera del 2011 ad oggi, quasi 700 sarebbero stati eliminati dalle forze pro Assad.

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