Corriere della Sera

«Tra scherzi e tranelli» I pappagalli di Mursia

Da Arabella a Chicco, l’editore ospita nella sua casa nove esemplari di Ara e Cacatua «Chiamano me con la voce di mio marito, imitano i chihuahua e il suono del citofono»

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gallo urlatore — ammette a malincuore la destinatar­ia degli scomposti schiamazzi —. Quando mi vede arrivare a colazione inizia a strillare fortissimo. E sì, se non stessi attenta, mio marito lo farebbe arrosto». Ci vuole altro per intimidire Chicco, l’impunito: «Un giorno abbiamo ospitato Quondam, il bassotto di mia figlia. Chicco è uscito dalla gabbia e dopo un po’ li abbiamo trovati In campagna Fiorenza Mursia insieme a Chicco, il pappagallo di riferiment­o dell’editore. Chicco è un esemplare di Cacatua e vive nel parco della casa in Brianza. È l’unico dei nove pappagalli ad avere il permesso di varcare le sbarre della voliera e volare incontro alla sua proprietar­ia seduti, uno di fronte all’altro, a guardarsi negli occhi. Paura? Macché — esclude l’editore —. Quando si spaventano, si sente la paura nella loro gola».

Ugole indipenden­ti e tutt’altro che influenzab­ili: «Nessuno di loro registra quello che tu vuoi insegnargl­i. Imparano soltanto quello che li colpisce». Bisogna possedere un’orchestra di nove pappagalli per apprezzare la varietà di suoni che impression­a ciascuno di loro e che sono in grado di imitare alla perfezione: «Sento i chihuahua guaire, accorro e scopro che invece erano i pappagalli. Oppure suona il citofono e non c’è nessuno. Sanno replicare benissimo anche il fischio dei falchi o il fragore di una ruspa. A volte cantano con me. La loro aria preferita è Amami Alfredo». Il meglio arriva quando sono in vena di scherzi: «Allora chiamano me con la voce di mio marito e gridano “basta!” con quella di mia suocera. Quando squilla il telefono, simulano la mia: pronto?».

Loro sì, di sicuro. A tutto.

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