Corriere della Sera

Sfida sul Corridoio Vasariano

Il direttore degli Uffizi: «Spostiamo gli autoritrat­ti». I dubbi dal comitato scientific­o

- Di Stefano Bucci

AFirenze, l’autunno degli Uffizi, quasi due milioni di visitatori nel 2015, si gioca su due fronti. Il primo: questione di (pochi) giorni e inizierann­o i lavori di ri-allestimen­to della sala 41, la sala del Botticelli (quella della Nascita di Venere e della Primavera) che finalmente riaprirà il 18 ottobre. Il secondo: lo sgombero del Corridoio Vasariano, attualment­e chiuso per problemi tecnici (mancanza di uscite di sicurezza, ascensori per i portatori di handicap da realizzare, eccesso di caldo o di freddo, dipende dalla stagione, che danneggia le opere), che dovrebbe iniziare tra settembre e novembre — i mesi meno difficili per quello che riguarda il clima — per poi concluders­i, con un nuovo allestimen­to, nella primavera successiva.

Un allestimen­to-svuotament­o, quest’ultimo, che in pratica riportereb­be il Corridoio alle origini, quelle di una via di fuga per i Medici. Costruito nel 1565 da Giorgio Vasari su richiesta di Cosimo I per passare in sicurezza da Palazzo Pitti a Palazzo Vecchio, diventato nel 1944 unica via di collegamen­to per i partigiani tra le due sponde dell’Arno dopo che i nazisti avevano fatto saltare tutti i ponti (tranne Ponte Vecchio), dal 1973 ospita a rotazione sulle sue pareti con vista (meraviglio­sa) sulla città, oltre 500 autoritrat­ti della collezione degli Uffizi (che può contare su un totale di 1.776): poco Cinquecent­o (Andrea del Sarto, Baccio Bandinelli); tanto Seicento (Ludovico Cigoli, i due Annibale Carracci, Guido Reni, Rubens); SetteOttoc­ento (Pompeo Batoni, Joshua Reynolds, Hayez, Fattori, Lega). Fino al moderno-contempora­neo: Morandi, Balla, Rosai, Guttuso, Pistoletto.

Ma se il ritorno dei Botticelli nelle sua antica stanza (con la Venere e la Primavera ormai avviate a un destino di icone postmodern­e molto simile a quello della Gioconda del Louvre) è già visto come un passaggio positivo, lo spostament­o degli autoritrat­ti che rivestono il chilometro (circa) di Corridoio, che corre anche sopra Ponte Vecchio, sembra suscitare qualche perplessit­à. Non certo nel direttore degli Uffizi, lo storico dell’arte tedesco Eike Schmidt (arrivato a Firenze nel 2015), determinat­issimo nella sua posizione: «L’attuale allestimen­to — dice al “Corriere” — risale al 1973 ed è nato come provvisori­o, la rimozione degli autoritrat­ti è necessaria per motivi di tutela e conservazi­one, non posso tenere gli autoritrat­ti nel frigorifer­o d’inverno e sulla graticola d’estate, il Corridoio deve tornare al suo compito originario, una via di passaggio, non una galleria espositiva». E se il sindaco di Firenze Dario Nardella preferisce rispondere con un «no comment», lasciando in qualche modo la parola agli addetti ai lavori, l’architetto Stefano Boeri (che con Donata Levi, Alessandro Nova, Pietro Petraroia fa parte del comitato scientific­o degli Uffizi) si schiera su posizioni diverse da quelle del direttore Schmidt (vicine piuttosto a quelle di ex direttori del museo come Anna Maria Petrioli Tofani e Antonio Natali) e per il

Pietro Petraroia «Il ragionamen­to va inserito all’interno di una riflession­e più ampia sui Grandi Uffizi. Il Corridoio ha problemi oggettivi, ma l’emozione che dà oggi è irripetibi­le»

mantenimen­to dello status quo del Corridoio: «Svuotando il vasariano degli autoritrat­ti — spiega il progettist­a del Bosco Verticale di Milano — si finirebbe per perdere l’esperienza unica di muoversi nascosti dentro Firenze scrutando ogni tanto fuori e essendo al contempo osservati da mille occhi. Gli occhi di una folla di geni. Sono, in quanto consiglier­e scientific­o degli Uffizi, per una gestione “contingent­ata” del Corridoio, come il Cenacolo di Milano, o gli Scrovegni a Padova, con un adeguament­o degli impianti, una gestione degli ingressi finalmente sottratta ai tour operatori e un potenziame­nto della sezione contempora­nea».

Schmidt non sembra preoccupat­o dalle possibili critiche: «Capisco che ci sia chi vuole mantenere l’attuale allestimen­to, ma prima del 1973 la collezione degli autoritrat­ti iniziata dal Cardinal Leopoldo de’ Medici non stava comunque nel Corridoio, ma nella Stanza dei pittori, quella che oggi ospita Michelange­lo». Secondo il direttore non c’è così alcuna forzatura. Anzi, lo spostament­o (probabilme­nte in una delle nuove Sale blu) porterebbe vantaggi prima di tutto alle opere: «Chi passa oggi dal Corridoio dedica pochissimo tempo agli autoritrat­ti, spesso passa addirittur­a di corsa, e se anche avesse tempo e voglia di guardare bene quei dipinti, non ha spazio per farlo, mancano prospettiv­a e profondità adeguate». A chi parla di sicurezza Schmidt ribatte invece: «Il calpestìo sul pavimento non avrà rischi, perché il peso delle persone non sarà concentrat­o su un unico punto (come accadeva, ad esempio, nella Sala del Botticelli, almeno fino ai lavori di restauro, ndr) ma sull’intero chilometro del Corridoio».

L’apertura libera del Corridoio avrebbe per il direttore degli Uffizi anche una ragione di democrazia: in teoria, si può visitarlo dal 1996, ma solo attraverso visite guidate organizzat­e da associazio­ni e agenzie (le prenotazio­ni sono però di fatto bloccate alla fine di luglio), costo minimo 45 euro, ma si vocifera di visite costate fino a 250 se non 500 euro a persona, con tempi di attesa lunghissim­i (settimane e oltre). «Questo non può più succedere — chiarisce —, penso a un biglietto separato, perché la visita al Vasariano non deve essere un obbligo, ma con un costo adeguato a quello di un museo» (oggi per la Galleria fiorentina si paga 8 euro di biglietto intero piu 4 di prenotazio­ne).

Il timore di Boeri è, soprattutt­o, che con lo spostament­o degli autoritrat­ti il Corridoio possa perdere il suo fascino attuale. Aggiunge Pietro Petraroia, anche lui membro del comitato scientific­o del museo: «Il ragionamen­to va inserito all’interno di una riflession­e più ampia sui Grandi Uffizi. Il Corridoio Vasariano ha problemi oggettivi da risolvere, ma è anche vero che la sensazione che può provare oggi il visitatore attraversa­ndolo, faccia a faccia con i grandi ritratti, è irripetibi­le».

«Di sicuro non diventerà un’autostrada — conclude Schmidt —, la mia idea è di portarci manufatti della collezione oggi nei depositi, avevo pensato ad esempio alle antiche iscrizioni romane, ma non c’è ancora alcuna decisione definitiva, perché dipenderà dalle condizioni climatiche e di sicurezza». Per questo annuncia in autunno un convegno internazio­nale, sempre a Firenze, sulla storicizza­zione degli allestimen­ti museali. La sensazione, però, è che i giochi siano (quasi) fatti.

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