Sfida sul Corridoio Vasariano
Il direttore degli Uffizi: «Spostiamo gli autoritratti». I dubbi dal comitato scientifico
AFirenze, l’autunno degli Uffizi, quasi due milioni di visitatori nel 2015, si gioca su due fronti. Il primo: questione di (pochi) giorni e inizieranno i lavori di ri-allestimento della sala 41, la sala del Botticelli (quella della Nascita di Venere e della Primavera) che finalmente riaprirà il 18 ottobre. Il secondo: lo sgombero del Corridoio Vasariano, attualmente chiuso per problemi tecnici (mancanza di uscite di sicurezza, ascensori per i portatori di handicap da realizzare, eccesso di caldo o di freddo, dipende dalla stagione, che danneggia le opere), che dovrebbe iniziare tra settembre e novembre — i mesi meno difficili per quello che riguarda il clima — per poi concludersi, con un nuovo allestimento, nella primavera successiva.
Un allestimento-svuotamento, quest’ultimo, che in pratica riporterebbe il Corridoio alle origini, quelle di una via di fuga per i Medici. Costruito nel 1565 da Giorgio Vasari su richiesta di Cosimo I per passare in sicurezza da Palazzo Pitti a Palazzo Vecchio, diventato nel 1944 unica via di collegamento per i partigiani tra le due sponde dell’Arno dopo che i nazisti avevano fatto saltare tutti i ponti (tranne Ponte Vecchio), dal 1973 ospita a rotazione sulle sue pareti con vista (meravigliosa) sulla città, oltre 500 autoritratti della collezione degli Uffizi (che può contare su un totale di 1.776): poco Cinquecento (Andrea del Sarto, Baccio Bandinelli); tanto Seicento (Ludovico Cigoli, i due Annibale Carracci, Guido Reni, Rubens); SetteOttocento (Pompeo Batoni, Joshua Reynolds, Hayez, Fattori, Lega). Fino al moderno-contemporaneo: Morandi, Balla, Rosai, Guttuso, Pistoletto.
Ma se il ritorno dei Botticelli nelle sua antica stanza (con la Venere e la Primavera ormai avviate a un destino di icone postmoderne molto simile a quello della Gioconda del Louvre) è già visto come un passaggio positivo, lo spostamento degli autoritratti che rivestono il chilometro (circa) di Corridoio, che corre anche sopra Ponte Vecchio, sembra suscitare qualche perplessità. Non certo nel direttore degli Uffizi, lo storico dell’arte tedesco Eike Schmidt (arrivato a Firenze nel 2015), determinatissimo nella sua posizione: «L’attuale allestimento — dice al “Corriere” — risale al 1973 ed è nato come provvisorio, la rimozione degli autoritratti è necessaria per motivi di tutela e conservazione, non posso tenere gli autoritratti nel frigorifero d’inverno e sulla graticola d’estate, il Corridoio deve tornare al suo compito originario, una via di passaggio, non una galleria espositiva». E se il sindaco di Firenze Dario Nardella preferisce rispondere con un «no comment», lasciando in qualche modo la parola agli addetti ai lavori, l’architetto Stefano Boeri (che con Donata Levi, Alessandro Nova, Pietro Petraroia fa parte del comitato scientifico degli Uffizi) si schiera su posizioni diverse da quelle del direttore Schmidt (vicine piuttosto a quelle di ex direttori del museo come Anna Maria Petrioli Tofani e Antonio Natali) e per il
Pietro Petraroia «Il ragionamento va inserito all’interno di una riflessione più ampia sui Grandi Uffizi. Il Corridoio ha problemi oggettivi, ma l’emozione che dà oggi è irripetibile»
mantenimento dello status quo del Corridoio: «Svuotando il vasariano degli autoritratti — spiega il progettista del Bosco Verticale di Milano — si finirebbe per perdere l’esperienza unica di muoversi nascosti dentro Firenze scrutando ogni tanto fuori e essendo al contempo osservati da mille occhi. Gli occhi di una folla di geni. Sono, in quanto consigliere scientifico degli Uffizi, per una gestione “contingentata” del Corridoio, come il Cenacolo di Milano, o gli Scrovegni a Padova, con un adeguamento degli impianti, una gestione degli ingressi finalmente sottratta ai tour operatori e un potenziamento della sezione contemporanea».
Schmidt non sembra preoccupato dalle possibili critiche: «Capisco che ci sia chi vuole mantenere l’attuale allestimento, ma prima del 1973 la collezione degli autoritratti iniziata dal Cardinal Leopoldo de’ Medici non stava comunque nel Corridoio, ma nella Stanza dei pittori, quella che oggi ospita Michelangelo». Secondo il direttore non c’è così alcuna forzatura. Anzi, lo spostamento (probabilmente in una delle nuove Sale blu) porterebbe vantaggi prima di tutto alle opere: «Chi passa oggi dal Corridoio dedica pochissimo tempo agli autoritratti, spesso passa addirittura di corsa, e se anche avesse tempo e voglia di guardare bene quei dipinti, non ha spazio per farlo, mancano prospettiva e profondità adeguate». A chi parla di sicurezza Schmidt ribatte invece: «Il calpestìo sul pavimento non avrà rischi, perché il peso delle persone non sarà concentrato su un unico punto (come accadeva, ad esempio, nella Sala del Botticelli, almeno fino ai lavori di restauro, ndr) ma sull’intero chilometro del Corridoio».
L’apertura libera del Corridoio avrebbe per il direttore degli Uffizi anche una ragione di democrazia: in teoria, si può visitarlo dal 1996, ma solo attraverso visite guidate organizzate da associazioni e agenzie (le prenotazioni sono però di fatto bloccate alla fine di luglio), costo minimo 45 euro, ma si vocifera di visite costate fino a 250 se non 500 euro a persona, con tempi di attesa lunghissimi (settimane e oltre). «Questo non può più succedere — chiarisce —, penso a un biglietto separato, perché la visita al Vasariano non deve essere un obbligo, ma con un costo adeguato a quello di un museo» (oggi per la Galleria fiorentina si paga 8 euro di biglietto intero piu 4 di prenotazione).
Il timore di Boeri è, soprattutto, che con lo spostamento degli autoritratti il Corridoio possa perdere il suo fascino attuale. Aggiunge Pietro Petraroia, anche lui membro del comitato scientifico del museo: «Il ragionamento va inserito all’interno di una riflessione più ampia sui Grandi Uffizi. Il Corridoio Vasariano ha problemi oggettivi da risolvere, ma è anche vero che la sensazione che può provare oggi il visitatore attraversandolo, faccia a faccia con i grandi ritratti, è irripetibile».
«Di sicuro non diventerà un’autostrada — conclude Schmidt —, la mia idea è di portarci manufatti della collezione oggi nei depositi, avevo pensato ad esempio alle antiche iscrizioni romane, ma non c’è ancora alcuna decisione definitiva, perché dipenderà dalle condizioni climatiche e di sicurezza». Per questo annuncia in autunno un convegno internazionale, sempre a Firenze, sulla storicizzazione degli allestimenti museali. La sensazione, però, è che i giochi siano (quasi) fatti.