Corriere della Sera

AL CROCEVIA TRA LA SPAGNA E NAPOLI

- Di Sebastiano Grasso sgrasso@corriere.it

«S e durante gli anni napoletani ho studiato il patrimonio spagnolo a Napoli, imitando il canonico Celano e la sua insuperabi­le guida della città, adesso provo a cercare Napoli in Spagna, in compagnia dell’abate Pons», scrive José Vicente Quirante Rives. Da qui il suo resoconto — attraverso la penisola iberica vista per la prima volta con gli occhi di un napoletano — di presenze, segni, impronte di architetti, pittori e decoratori, scultori, musicisti e letterati, autori di veri e propri «trapianti» in cui si avverte, fortissima, nella scrittura, la nostalgia della città di Masaniello. Il tutto condensato in Viaggio napoletano in Spagna (Pironti, pp. 184, 12). Parole, appunto, di Quirante Rives e musica di Domenico Scarlatti, Andrea Falconieri. Quadri di Luca Giordano, Corrado Giaquinto, Bernardo Cavallino, Antonio Joli, Giuseppe Bonito ed altri.

Sullo sfondo degli oltre due secoli presi in esame (1442-1707), ecco, come in un flashback, personaggi presi in prestito dalla storia e genii loci: Carlo III (che ama le porcellane di Capodimont­e e importa in Spagna le mozzarelle di bufala), Carlo IV (re di Spagna nato e morto a Napoli), Ferdinando VI (amante delle sonate scarlattia­ne per clavicemba­lo e la voce di Farinelli), un numero cospicuo di viceré e tutta una serie di figure che legano Napoli-capitale ai sovrani iberici e, più generalmen­te, alla cultura spagnola. Punto di riferiment­o dichiarato, il Viaje de España dell’abate settecente­sco Antonio Pons («I maestri sono necessari, bisogna solo sceglierli con cura», precisa Quirante Rives), ma vengono in mente anche Le pietre di Venezia di John Ruskin.

Si parte dai sepolcri di Montserrat. Viaggi in treno, auto, bus, da solo o con moglie e figli: Lérida, Bellpuig col suo monumento rinascimen­tale di Giovanni da Nola, Siviglia — qui incontro gli avi (viceré in Catalogna, a Napoli e, infine, a Milano) della mia amica Cristina Afán de Ribera —, Monforte de Lemos, dove nel convento, fra presepi napoletani e reliquiari, ne trova uno con «una massa grumosa» e la targhetta «Sangue di San Gennaro». Possibile? Dovrebbe essere quello di San Pantaleone, spiega qualcuno. Figuriamoc­i se i napoletani avrebbero permesso che venisse sottratta una sola goccia di sangue del loro patrono. Una monaca ne è convinta e il 19 settembre di ogni anno si piazza davanti alla teca in attesa che il sangue possa liquefarsi. Mai successo.

Il viaggio continua: Salamanca, Cadice, Toledo, Valladolid. Nel Viaje a la Alcarria Camilo José Cela scrive che il viaggiator­e sposato ha sempre qualcuno che prima di partire gli prepara la colazione e gli parla mentre si fa la barba. «Cara Alba, avresti dovuto fare tutto ciò — nota Quirante Rives —. Poi avrei dato un bacio a te e un altro ai bambini e sarei venuto a Valladolid da solo. Con voi non potrò concentrar­mi, sono un artista». E la moglie: «Non fare lo scemo! Dai, vai al bar e compra una bottiglia d’acqua per i tuoi figli!».

Da Valladolid a Cocentaina, a Medinaceli, Mursia, Cartagena (dove la patrona, la Vergine della Carità, arriva per mare, da Napoli, nel 1723), Madrid e così via, la narrazione si nutre di un numero straordina­rio di fonti bibliograf­iche, estremamen­te precise.

Avendo subito fascino e sortilegi di una città dove ha vissuto cinque anni come direttore del Cervantes e che, nel 2009, ha scolpito in Napoli spagnola, Quirante Rives va «alla ricerca di cose sconosciut­e e riscoperta di quelle dimenticat­e» in una Spagna che se, a suo tempo, ha conquistat­o Napoli con le armi, ne è stata conquistat­a dalla sua «produzione di bellezza». In letteratur­a Garcilaso de la Vega, Cervantes e Quevedo ne sono un magnifico esempio.

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José Vicente Quirante Rìves

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