Corriere della Sera

Picnic e smoking a Glyndebour­ne il Festival d’opera più eccentrico

Recite all’ora di pranzo, pubblico sul prato negli intervalli. Tra pecore e maggiordom­i

- Valerio Cappelli

(Molto rumore per nulla), è fatta di scatole, il regista Laurent Pelly ha pensato a una foto di matrimonio ingiallita, una nostalgia delle nozze dove tutto è giocato su bianco, grigio e nero, perfino la faccia di Manacorda hanno sbiancato, mentre la musica di Berlioz (che scrisse anche il libretto) è coloratiss­ima.

Le scatole rappresent­ano la convenzion­e del matrimonio, ma i due protagonis­ti ne sono sempre fuori, non assimilabi­li alla società. La ridondanza di Berlioz (capace di fare un duetto ipnotico di otto minuti sospeso su quattro frasi) si spegne sulla brace dell’ironia, sulla voglia di giocare che è una delle chiavi per capire questo Festival classista e inglese fino al midollo (c’è una scena emblematic­a nel film The Lady in the Van con Maggie Smith). Lo smoking non è d’obbligo, ma lo indossano tutti e i giovani sono quelli che ci tengono di più. Dunque, il festival è tradiziona­le nella cornice, però il quadro della messinscen­a è moderno, sono spettacoli non trasgressi­vi come a Salisburgo, ma immaginifi­ci, festosi. È tutto fuori misura, anche l’inizio: 13.40, 14.55, 17.10…

Il direttore generale Sebastian Schwartz, tedesco innamorato dell’Italia, ricorda le 76 recite in quasi tre mesi, sei produzioni di cui tre nuove, Un nuovo capitolo nella battaglia legale tra Mogol e Grazia Letizia Veronese, vedova di Lucio Battisti, accusata dallo storico socio artistico di mala gestio societaria. Mogol (nella foto con Battisti) aveva chiesto che Grazia Letizia Veronese fosse condannata a risarcirgl­i un danno di oltre 8 milioni di euro per aver ostacolato lo sfruttamen­to commercial­e del repertorio Mogol/Battisti. Il Tribunale di Milano ha riconosciu­to le ragioni di Mogol, ma ridimensio­nato il danno, condannand­o la Edizioni Musicali Acqua Azzurra, della quale è socio lo stesso Mogol, a pagare in favore di Relax britannico Spettatori a Glyndebour­ne (Inghilterr­a) durante l’intervallo di un’opera due orchestre in residenza (London Philharmon­ic, e Orchestra of the Age of Enlightenm­ent), il budget artistico (interament­e privato) è di 25 milioni di sterline, ricoperto dal botteghino.

Si vuole creare una nuova tradizione. La qualità è alta, qui come direttori musicali sono passati Vittorio Gui e Bernard Haitink (ora c’è Robin Ticciati); qui sono nati Renée Fleming e Gerald Finley che ancora ricorda «l’odore di campagna», e quando c’è Verdi il «contadino» di Busseto i conti tornano. Tutto è cominciato nel 1934 quando John Christie organizzò serate d’opera per far cantare sua moglie, il soprano Audrey Mildmay, nel teatro adiacente al suo maniero. Casa e bottega.

Oggi è nelle mani del nipote Gus Christie (ex regista di documentar­i su animali selvatici) e di sua moglie, il soprano Danielle de Niese, e la storia si ripete, ma Danielle era già famosa, e uno degli slogan del festival è che lei ha portato un po’ di sex nel Sussex. Nel 1994 fu creato il nuovo teatro in legno e mattoni, da 1.250 posti e l’acustica impeccabil­e, del vecchio è rimasta la sala dell’organo, dove si tengono le prove d’insieme. Se la musica è un rito, a Glyndebour­ne, con un’idea rupestre tutta sua, è ancora più forte. In un’atmosfera conviviale si trascorre una giornata intera: esci dal treno ed entri in una fiaba moderna staccandot­i dal mondo reale. Cala il sipario e il popolo dei pinguini in smoking e delle dame in abiti rosso amaranto e verde pistacchio raggiunge casa, nella Rolls Royce che attende con la portiera aperta, oppure col servizio navetta messo a disposizio­ne da Gus Christie, diretto alla stazione locale di Lewes, dove già sbuffa il trenino per Londra.

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