Se siamo squadra si può fare un blitz in Brasile
Meglio così. Meglio uscire un po’ ridimensionati da questo Tour in prospettiva Rio. Per gli azzurri di Cassani il durissimo tracciato olimpico è il mondiale dei mondiali, dato che in quelli veri non tocchiamo palla dal 2008. Così arrivare in Brasile a fari spenti può fare bene: le pressioni eccessive, su una squadra che nelle classiche ha vinto «solo» un Lombardia con Nibali, sono controproducenti. A Rio ci saranno la Francia dei giovani talenti, la Spagna dei califfi, il Portogallo che può di nuovo sorprendere tutti, come all’Europeo di calcio. Ecco, appunto: se l’Italia parte a testa bassa e compatta come una vera Squadra può fare proprio come gli azzurri di Conte. Può andare oltre le proprie possibilità. E contro i pronostici. Senza nemmeno doversi curare di tabelloni sfortunati o rigori maldestri. al Tour non è piaciuto. In Francia lo Squalo è considerato un nobile delle due ruote e vederlo sfilare col gruppetto dei velocisti in salita o relegato in classifica generale a un’ora e 17’ da Froome mette tristezza. Era davvero questo il modo migliore per prepararsi al Tour? E il ritardo di condizione che si è visto anche nell’ultima tappa (e che Valverde, pure lui reduce dal Giro, non manifesta) non dipende forse da un mese di transizione troppo passivo tra le due gare? Lo scopriremo solo a Rio, il prossimo 6 agosto, dove a fianco del capitano e del suo vice ci saranno tre atleti che rappresentano perfettamente l’immagine attuale del nostro miglior ciclismo. De Marchi, Caruso e Rosa, emigranti di lusso al servizio di capitani vincenti, grandi faticatori disposti a ogni sacrificio.