Corriere della Sera

Addio a posto fisso e scatti per gli statali

Nel decreto che applica la riforma Madia, visita fiscale obbligator­ia agli assenti del venerdì

- di Lorenzo Salvia

Licenziati, nel giro di due anni, se si finisce nella lista delle «eccedenze» e non si accetta un nuovo inquadrame­nto. Lo prevede la bozza di decreto che applica la riforma Madia stabilendo, in sostanza, la fine del posto fisso per gli statali. Via anche lo scatto di anzianità rimpiazzat­o da aumenti di merito per il 20% dei dipendenti. Controlli: visita fiscale obbligator­ia per le assenze il venerdì o nei prefestivi.

Sulla copertina c’è un bel timbro con la scritta «Top secret». E a leggere le 133 pagine che seguono si capisce bene il perché. La bozza del nuovo testo unico sul pubblico impiego cancella due incrollabi­li certezze dello statale, i due motivi che rendono il lavoro nel pubblico più sicuro di quello nel privato: il posto fisso e l’aumento automatico dello stipendio con gli scatti di anzianità.

La fine del posto fisso arriva alla pagina 72 del decreto elaborato dai tecnici del governo, la norma attuativa più attesa fra quelle legate alla riforma della pubblica amministra­zione approvata un anno fa. Ogni anno, dice il documento, tutte le amministra­zioni devono comunicare al ministero le «eccedenze di personale» rispetto alle «esigenze funzionali o alla situazione finanziari­a». Detto brutalment­e, i dipendenti che non servono o che la situazione di bilancio non consente di tenere in carico. Le «eccedenze» possono essere subito spostate in un altro ufficio, nel raggio di 50 chilometri da quello di provenienz­a con la mobilità obbligator­ia. Altrimenti vengono messe in «disponibil­ità»: non lavorano e prendono l’80% dello stipendio con relativi contributi per la pensione. Ma se entro due anni non riescono a trovare un altro posto, anche accettando un inquadrame­nto più basso con relativo taglio dello stipendio, il loro «rapporto di lavoro si intende definitiva­mente risolto». Licenziati. In teoria un meccanismo simile c’è già adesso. Ma agli uffici che non comunicano le eccedenze non succede nulla e infatti tutti si guardano bene dal farlo. Con le nuove regole, invece, ci sarà lo stop alle assunzioni e il procedimen­to disciplina­re per il dirigente. Una differenza non da poco.

Sullo stipendio la novità era nell’aria, visto che gli scatti di anzianità sono stati congelati a lungo. Il nuovo testo unico, però, li cancella per sempre. Ogni anno tutti dipendenti pubblici saranno valutati dai loro dirigenti per il lavoro fatto. E sulla base di quelle pagelle sarà assegnato un aumento, piccolo o grande a seconda delle risorse disponibil­i, a non più del 20% dei dipendenti per ogni amministra­zione. Nella bozza ci sono tante altre novità. L’obbligo della conoscenza dell’inglese come requisito per i concorsi pubblici. La visita fiscale automatica per le assenze fatte al venerdì e nei prefestivi. Un procedimen­to disciplina­re più veloce, sull’esempio di quello in 30 giorni per gli assenteist­i colti in flagrante. E ancora la fine dell’indennità di trasferta e il buono pasto uguale per tutti, sette euro al giorno. Tutte materie che vengono regolate per legge, togliendo margine di manovra ai sindacati. Restano da capire i tempi, però.

La riforma della pubblica amministra­zione dice che questo pezzo delle delega può essere esercitato entro febbraio dell’anno prossimo. Finora il governo aveva parlato di settembre. Subito dopo, però, ci sarà il referendum sulla riforma costituzio­nale. Voteranno anche 3 milioni di dipendenti pubblici. E il documento «top secret» non lo manderanno giù facilmente.

La cessazione Lo statale può essere messo in disponibil­ità per 2 anni: se non trova lavoro il rapporto cessa

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