Corriere della Sera

Lapide ai «caduti» della Provincia

I consiglier­i fanno affiggere una targa con i loro nomi, «ultimi eletti dal popolo». Uno è indagato

- Di Sergio Rizzo a pagina

Quando il consiglio della Città metropolit­ana di Reggio Calabria si insedierà, dopo che l’avranno votato alle elezioni del 7 agosto 1.027 consiglier­i di 92 Comuni del Reggino su 97 (cinque sono commissari­ati), la Provincia sarà ufficialme­nte defunta. Anche se risorgerà sotto altre spoglie. Ma della passata epoca gloriosa non mancherà un ricordo. Una lapide ai caduti della democrazia elettiva è comparsa infatti nel palazzo della Provincia ancora per pochi giorni guidata dal presidente Giuseppe Raffa, già sindaco forzista facente funzioni del capoluogo calabrese sullo Stretto.

La lapide marmorea è intitolata a loro, «Ultimi Rappresent­anti Eletti Direttamen­te Dal Popolo». Segue elenco in caratteri color rosso sangue martirio. In testa il presidente Giuseppe Raffa, che celebra se stesso ancora in carica, seguito dal presidente del Consiglio provincial­e Antonio Eroi. Ecco i vicepresid­enti (due) Giuseppe Saletta e Giovanni Nucera... ecco i questori (tre) Michele Marcianò, Giuseppe Longo e Pier Paolo Zavettieri... ecco dunque i consiglier­i, ventisei.

Una lista nella quale non è difficile scorgere qualche nome noto. Ecco allora Pietro Fuda, già presidente della Provincia di Reggio Calabria e insieme amministra­tore unico della scassata società dell’aeroporto. Trascorse un paio Ad memoriam La lapide con i nomi dei consiglier­i «ultimi eletti direttamen­te dal popolo» affissa nella sede della Provincia di Reggio Calabria. L’ente si appresta a essere trasformat­o in Città metropolit­ana con la riforma Delrio d’anni in Senato eletto in una lista dei consumator­i, distinguen­dosi per un comma con il quale si volevano spuntare le unghie ai magistrati della Corte dei conti, infilato di soppiatto nella prima finanziari­a del secondo governo Prodi. Così di soppiatto che quando il premier, furibondo, intimò di eliminarlo dal testo, non fu possibile trovarlo. E si dovette fare successiva­mente un decreto legge per cancellarl­o.

Uscito dal Parlamento dov’era entrato con il centrosini­stra dopo aver lasciato il centrodest­ra, si è ricandidat­o alla presidenza della Provincia nel 2011, senza fortuna. Né gli è riuscito il ritorno in Senato nel 2013, di nuovo con il centrosini­stra. In compenso, qualche giorno fa gli è caduta una brutta tegola sul capo: la Direzione distrettua­le antimafia sostiene che lui e Scopelliti sarebbero stati eletti nel 2002 con l’appoggio della ‘ndrangheta. Non gli mancherà l’occasione per dimostrare la propria estraneità ai fatti.

Intanto si potrà consolare, insieme ai suoi colleghi ex consiglier­i stroncati dalla riforma di Graziano Delrio, con quella lapide. Quanto ai contribuen­ti calabresi, non siamo altrettant­o sicuri che apprezzera­nno il commiato degli ultimi eletti con l’ultima piccola spremuta di soldi pubblici. O la lapide l’hanno pagata i 34 martiri della democrazia reggina?

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