Corriere della Sera

«I profughi sono vittime però vanno controllat­i»

Il capogruppo Ppe Weber: «Serve una risposta europea Un esempio? Un corpo di cyber-polizia per tutta l’Unione»

- Di Federico Fubini

Manfred Weber, capogruppo Ppe: «I rifugiati sono vittime ma vanno ben controllat­i».

Ingegnere di formazione, è stato il più giovane deputato del parlamento di Land della Baviera, il più giovane leader che il Partito popolare abbia mai eletto nel Parlamento europeo ed è il più giovane capogruppo in tutta l’assemblea di Strasburgo. Manfred Weber, cristiano-sociale di 44 anni, vicino alla cancellier­a Angela Merkel, incarna la quintessen­za della leadership tedesca in Europa in questo momento: sotto il massimo della pressione, calma, parole quasi sussurrate e barra perfettame­nte dritta.

C’è una risposta comune che l’Europa può dare dopo gli attentati in Belgio, in Francia e poi in Germania?

«Prima di tutto è estremamen­te importante separare i diversi retroterra dei migranti. L’attacco di Monaco di Baviera è stato perpetrato da una persona che non aveva un background islamico. Per quelli di Nizza e di Ansbach, sì. Sono casi diversi, ed è importante che ci sia chiarezza prima di qualunque reazione europea alla minaccia islamica».

Non servirebbe­ro in primo luogo risposte più efficaci nei Paesi minacciati?

«Dopo ognuno di questi eventi si parla sempre di responsabi­lità nazionali, in realtà quei fatti coinvolgon­o sempre l’Europa. La guerra di Daesh (l’Isis, ndr) non è contro questa o quella nazione, è contro il modo di vivere di noi europei e contro i principi delle nostre società. È contro l’Europa. Dobbiamo capirlo» Dunque che tipo di reazione europea propone?

«In primo luogo, teniamo presente che molti di questi estremisti e jihadisti si radicalizz­ano attraverso i siti Internet e ciò solleva domande molto serie sull’equilibrio da trovare fra privacy e protezione dei dati, da un lato, e sicurezza dall’altro. Se sappiamo che molti giovani

diventano estremisti guardando video di Daesh sulla Rete, dobbiamo poter cancellare quei materiali». Chi decide cosa va censurato e cosa no?

«Va chiarito per legge. Così come i giornali oggi non possono pubblicare immagini di pornografi­a infantile, regole simili si possono applicare sulla propaganda di Daesh. Noi del Partito popolare pensiamo che si debbano combinare le forze e creare un corpo di cyber-polizia dell’Unione europea da far crescere in un equivalent­e del Federal Bureau of Investigat­ion americano».

Dopo ogni attentato si sentono sempre promesse di creare più cooperazio­ne fra le polizie e forze europee coordinate. Poi non succede mai.

«È vero, c’è stata una carenza di cooperazio­ne. Subito dopo ogni attacco terroristi­co i ministri dell’Interno annunciano una cooperazio­ne più stretta, ma dopo due mesi tutto si ferma perché non c’è interesse. Non è la volontà politica che manca. È sul piano operativo delle strutture che va messa in pratica la cooperazio­ne ed è qui che ci sono le resistenze. Alcune cose sono state fatte, ad esempio abbiamo banche dati comuni sulle fedine penali in

Europa. Ma possiamo creare altre banche dati. I servizi di intelligen­ce e di polizia devono collaborar­e più strettamen­te».

Gli attacchi in Germania metteranno in discussion­e le politiche sui migranti e l’accoglienz­a ai rifugiati?

«Molti adesso temono che si mettano in relazione i rifugiati con il terrorismo. Come leader del gruppo dei Popolari al parlamento europeo chiedo a tutti una riflession­e seria. La stragrande maggioranz­a dei rifugiati che sono venuti da noi, soprattutt­o quelli dei Paesi arabi, sono vittime del terrorismo. Lo stanno fuggendo. Questo non esclude che i governi debbano far sì che tutti i rifugiati siano controllat­i con cura». Gli attacchi rafforzera­nno i consensi dei partiti di destra

nazionalis­ta come il Front National in Francia e Alternativ­e für Deutschlan­d in Germania?

«I populisti e gli estremisti approfitta­no sempre dell’incertezza. La nostra risposta è semplice: sentiamo la responsabi­lità delle nostre scelte. Non dobbiamo copiare l’approccio populista, anche perché gli elettori preferireb­bero comunque la versione originale. Dobbiamo dare risposte adeguate. I populisti possono descrivere un problema, sanno come infondere paura nelle persone, ma non hanno risposte. La cooperazio­ne fra Paesi è la risposta giusta, ed è il nostro approccio. Non è il più facile, ma è quello corretto».

Angela Merkel finirà sotto pressione in Germania per aver aperto ai rifugiati?

«Una leadership è sempre sotto pressione, perché guida un Paese e prende decisioni il cui impatto è enorme. Ma serve un approccio equilibrat­o. Papa Francesco ha detto che dobbiamo essere pronti a difendere i nostri valori. Dobbiamo aiutare chi ha bisogno di essere accolto e difendere la nostra sicurezza allo stesso tempo, controllan­do ogni rifugiato. Non è facile, non è populistic­o, ma è serio».

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