Quei testi nascosti in scatole cinesi: così la Jihad recluta futuri terroristi
«Che Dio possa aumentare i loro morti». Dopo ogni attacco i «fan boys» dell’Isis festeggiano sui social. Non importa chi sia l’autore dell’attentato. Prima di tutto, loro gioiscono per il sangue. Orlando, Magnaville, Nizza, Würzburg, Kabul e Aleppo. E infine Ansbach: ogni giorno, ormai, si consuma un macabro rituale. Come un rettile cui ricresce la coda anche se gliela tagli, il Califfato perde i pezzi sotto il fuoco dei raid in Medio Oriente ma riesce a seminare il terrore in Europa in un vortice di gif, infografiche e hashtag. Come spiegato in un’inchiesta disponibile da oggi sul sito del Corriere, è sufficiente un mese di osservazione per capire. Il campo di battaglia della jihad virtuale oggi è Telegram. Nell’app di messaggistica simile a WhatsApp il superalgoritmo della Silicon Valley voluto da Obama per combattere il terrorismo (ancora) non arriva. E i supporter dello Stato Islamico agiscono pressoché indisturbati. La rete di Isis su Telegram funziona come un sistema di scatole cinesi, ogni contenitore ne include un secondo. Per aggirare la censura, i canali vengono denominati con sigle o parole in arabo. Nonostante questi trucchi, molti profili vengono rimossi in pochi minuti da Telegram stesso. Morale, per entrare nel flusso della propaganda bisogna essere veloci. Chi perde l’attimo resta fuori. L’obiettivo è uno, reclutare il numero più alto di «soldati». «Se prima lo scopo era convincere le reclute a partire per la Siria trasformandole in foreign fighters, ora le ambizioni si sono ridotte», spiega Marco Arnaboldi, collaboratore dell’Ispi ed esperto di jihadismo. Non importa che il soggetto impari a combattere, fondamentale è che sia disposto a uccidere (e magari a morire) nella terra degli infedeli. Dimenticati i video degli sgozzamenti, per fare il lavaggio del cervello è sufficiente un’immagine. Non a caso l’oggetto più ricorrente nella narrativa jihadista oggi è proprio il coltello. I temi religiosi sono sempre meno frequenti. Più comodo parlare di Brexit («Gli infedeli si stanno indebolendo») o diffondere manuali (come «Air Al Qaeda» con le istruzioni per fare esplodere un aereo). Al centro della ragnatela della propaganda, la voce «ufficiale» di Isis, Amaq News, sedicente agenzia di stampa cui è affidato il compito di rivendicare gli attentati e pubblicare report giornalieri in diverse lingue per raggiungere un «pubblico» sempre più vasto. Prima dell’attacco di Würzburg o Ansbach, i messaggi in tedesco diffusi al grido di «Bald in Berlin» (Presto a Berlino) sono stati centinaia. Di certo, non una coincidenza.