Corriere della Sera

La vicenda

- DAL NOSTRO INVIATO

È Vladimir Putin il convitato di pietra alla Convention democratic­a, apertasi ieri nella città che fu la culla dell’indipenden­za americana.

Lo scandalo delle 20 mila email, rubate dai computer del Democratic national committee (Dnc) e rese pubbliche da WikiLeaks, solleva il sospetto degli specialist­i che dietro l’azione di pirateria informatic­a ci sia la manina del Cremlino, deciso a confondere i giochi della campagna presidenzi­ale, seminando discordia nel campo progressis­ta nella speranza di aiutare Donald Trump. E per quanto un coinvolgim­ento della Russia sia complicato da dimostrare e alcuni esperti si dicano scettici, è un fatto che il ruolo di Mosca sia stato tema centrale della conversazi­one nella prima giornata della kermesse, che giovedì porterà all’incoronazi­one di Hillary Clinton.

È la nuova pagina di quella che sempre più assomiglia a una Guerra Fredda 4.0, dove il legame con l’intelligen­ce russa, ove fosse confermato, rappresent­erebbe anche un salto di qualità. Mai, neppure nei momenti di più grave tensione tra Usa e Urss, la superpoten­za sovietica agì segretamen­te in favore di un candidato alla Casa Bianca contro un altro: «Sarebbe la prima volta che Mosca cerca di influenzar­e la politica americana», dice l’ex sottosegre­tario

Venerdì scorso WikiLeaks, a poche ore dalla convention democratic­a di Filadelfia, ha pubblicato 20 mila mail da cui emergono la strategia della Clinton per battere il rivale Bernie Sanders e i favoritism­i del Democratic National Committee nei confronti della ex segretario di Stato

Il capo della campagna di Hillary ha apertament­e accusato la Russia di essere responsabi­le della diffusione delle email

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