Corriere della Sera

Baby boss fa stuprare la ragazza da 11 amici

Napoli, la vittima ha 15 anni. Tutti minori gli arrestati, avevano filmato la violenza con lo smartphone

- Fulvio Bufi

Come quella che cantava Francesco Guccini, anche questa è una storia ignobile. Solo che questa non è piccola: è enorme. Perché è una storia di violenza sessuale di gruppo. Organizzat­a, programmat­a. Continuata. E però è anche una storia di ragazzini, di bambini, quasi. La vittima è una quindicenn­e, e gli stupratori, dodici, hanno, il più grande diciassett­e anni, gli altri sedici e quindici. Ce n’è pure uno che non ne ha ancora compiuti 14: età non imputabile. E infatti, a differenza degli altri, che sono stati arrestati, lui sta a casa. «Affidament­o alla famiglia», è la formula prevista in queste circostanz­e. Poi lo vedremo di che famiglia si tratta.

Prima però c’è la storia. Quella di una ragazzina di Pimonte, un paesino dei Monti Lattari, che dominano la penisola sorrentina, che si innamora di un sedicenne. Peserà sessanta chili, è bassino e secco secco. Però è uno che fa il duro, uno che nel suo gruppo di amici è sempre il leader. Facile, per lui: viene da una famiglia di camorristi, quelli che comandano a Pimonte. È un ragazzino, ma il linguaggio del ricatto già lo conosce. Convince la quindicenn­e a fare sesso con lui, e intanto convoca gli amici in una zona di campagna, dove porterà quella che crede di essere diventata la sua fidanzata.

Loro si appartano, per modo di dire, e gli amici filmano con gli smartphone. Poi arriva la minaccia: o lei va con tutti gli altri, o i video cominceran­no a girare sui social. Non sono ancora dodici, sono quattro o cinque. C’è un altro che pure è parente di gente del clan, e c’è il quasi quattordic­enne, che è proprio figlio del boss, padre in carcere e madre latitante. È il gruppo degli amici di Pimonte, e però non sono i soli. Ci sono gli amici di Gragnano e di Vico Equense. Così la scena si ripete il giorno dopo e il giorno dopo ancora. E chissà quante altre volte.

La quindicenn­e subisce, ha paura, e non trova il coraggio di raccontare ai genitori quello che le sta succedendo. Ma alla fine ce la fa. Parla con la madre, le rivela tutto. Il passo successivo è andare dai carabinier­i. Nemmeno questo è facile, per la ragazza. Però finalmente ha avuto la forza di ribellarsi e va fino in fondo.

Cominciano le indagini, le informativ­e alla Procura presso il Tribunale dei minorenni di Napoli, i ragazzini vengono interrogat­i. In paese si comincia a parlare di questa storia ma anche dell’inchiesta che coinvolge i parenti dei camorristi e i loro amici. E quando in provincia di Salerno avviene un caso analogo — un’altra minorenne violentata da un gruppo di coetanei a San Valentino Torio — un giornale on line scrive che anche a Pimonte è successo qualcosa del genere e che anche qui i carabinier­i stanno per arrestare qualcuno.

Ma è una notizia che sul web non resiste a lungo. Il sito è costretto a rimuoverla perché l’autore dell’articolo viene affrontato e minacciato in strada dal sedicenne. È un ragazzino, e per giunta con quel fisico che si ritrova non farebbe paura a nessuno. Però si sa chi c’è alle sue spalle, e quando i camorristi sanno dove abiti, e li incontri ogni giorno in piazza, al bar, dal benzinaio e dappertutt­o, non è facile fare gli eroi.

Però l’inchiesta va avanti lo stesso. E finisce che vengono presi tutti, e tutti chiusi nel centro di prima accoglienz­a di Napoli. Tranne il più piccolo.

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