«Mathilde, sii tenera» L’orgoglio di papà Freud
La primogenita era la preferita del fondatore della psicanalisi, che aveva sei figli Quando lei voleva sposare un suo paziente le spiegò gli effetti del «transfert»
vero che, più o meno, siamo tutti figli di Sigmund Freud, ma chi vorrebbe davvero avere il fondatore della psicanalisi come padre biologico alzi la mano. Già, poche mani alzate. Troppi sospetti su quell’uomo spesso ricordato come un ossessivo, un asociale, un collezionista maniacale, un vizioso (fumo e cocaina)? Ebbene, leggendo le sue lettere ai figli si scopre che Freud è stato tutt’altro che un cattivo padre. Sei figli: Mathilde, Martin, Oliver, Ernst, Sophie e Anna, concepiti in otto anni, dal 1887 al 1895.
Un tour de force soprattutto per mamma Martha (Bernays) e per sua sorella, zia Minna, che gestivano insieme la baraonda familiare in Berggasse 19, dove abitavano anche una cuoca, una domestica, una bambinaia e un’istitutrice. Senza dire che il dottor Freud dovette mantenere la madre e la sorella nubile, Adolfine detta Dolfi, che si occupava della genitrice, oltre alle sorelle rimaste vedove, Pauline e Rosa. Fatto sta che papà Sigmund, il cui tenore di vita altoborghese conobbe anche qualche rovescio, non fece mai mancare ai figli il proprio sostegno economico, persino dopo i rispettivi matrimoni. Un padre iperprotettivo si direbbe oggi, in difficile equilibrio tra l’ansia e la severità patriarcale. Prendete le lettere alla primogenita (contenute nel bel volume intitolato «Intanto rimaniamo uniti», edito da Archinto). Un epistolografo quasi compulsivo: non mollava un momento i figli ormai adulti e lontani.
«La mia piccina cresce meravigliosamente e dorme tutte le notti, il che è il maggiore orgoglio di ogni padre» scrisse nel 1887 Freud a proposito di Mathilde. Fino al 1909, l’anno delle nozze, la primogenita rimase la prediletta: poi la preferita sarebbe stata Anna, la sola che seguì le orme paterne, diventando psicanalista a sua volta. Non fu fortunata, Mathilde: formazione frammentaria e salute malferma, un matrimonio non felice con Robert Hollitscher, di 12 anni più grande di lei. Che i coniugi fossero ebrei era l’unica condizione imposta da papà Sig- La figlia Mathilde Freud, figlia primogenita di Sigmund Freud e Martha Bernays, nasce nel 1887. Ha una salute precaria e un matrimonio infelice con il commerciante Robert Hollitscher con il quale non ha figli mund, e Robert lo era: commerciante viennese di seta, che il futuro suocero non accolse con entusiasmo, ritenendo Mathilde troppo giovane e cagionevole, e sperando soprattutto di avere come genero il brillante allievo Sándor Ferenczi. Non si oppose, però. Mathilde e Robert condussero una vita serena fino al termine della Grande Guerra, poi gli affari precipitarono e nel 1931 Freud scrisse a un parente che Robert viveva del suo aiuto. Mathilde, pur sposata, andava a mangiare regolarmente in Berggasse e spesso trascorreva con i genitori le ferie. L’infelicità fu non aver avuto figli, ma nell’autunno 1922, con la morte della sorella Sophie, Mathilde e Robert adottarono il piccolo Heinz Rudolf, detto Heinele. Ma otto mesi dopo il piccolo sarebbe morto, aprendo una nuova crisi matrimoniale.
Cartella clinica di Mathilde: difterite a 5 e a 9 anni, peritonite nel 1908 con lunga riabilitazione a Merano e il timore di non trovare più marito, ma immaginando sotto sotto di poter sposare qualche giovane paziente del padre. Il quale le dovette spiegare gli effetti del «transfert», aggiungendo modeste lezioni di vita: «Tra i giovani, quelli assennati sanno che cosa cercare in una donna: la tenerezza, la serenità e la capacità di rendere loro la vita più bella e più lieta». Un padre rassicurante, generoso, pronto a sborsare denaro e a elargire consigli, persino sulle «indisposizioni» femminili e sulla contraccezione («dal momento che ad Amburgo i medici sono così arretrati, vai a Berlino e fatti dare l’unico contraccettivo realmente affidabile», scriverà a Sophie). Un padre che non nasconde i propri eccessi (fumo, salsicce, crauti). Alla morte dello zio Heinrich, Freud informa la primogenita cercando di prevenirne lo choc: «Vedi com’è la vita: quando una persona più anziana è la prima a morire, bisogna rassegnarsi serenamente al destino. Voi giovani avete ancora tutto davanti a voi e potete aspettarvi ogni cosa dalla vita». Non più che banale buonsenso, che quando si accende, però, si accende sul serio: «Non voglio fornirti belle illusioni, né ora né in un altro momento, le considero dannose e so che l’idea che siano illusioni annulla il piacere che possono dare».