Corriere della Sera

Luglio tormenta Milano Erba ovunque: panico

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Luglio sevizia Milano, la odia e l’ama, dubita di lei, ecco tutto, la opprime perché troppo ha stentato ad averla. «Credimi, sono tua» essa gli dice con l’affanno; lui tiene d’occhio il corso Sempione (non potranno arrivare che da quella parte le prime foglie secche), l’abbraccia selvaggiam­ente, replica: «Si, cara, sì e come mi chiamo?»: brucia, delira, è pazzo.

All’alba, nei prati della periferia, i grilli che hanno perduto l’autobus dell’ultimo soffio notturno con cui potevano andarsene si capovolgon­o e spirano: quei punti neri, più tardi, che il passante calpesta nell’erba grigia, sono alucce carbonizza­te. Dunque il sole ricomincia: sulla facciata di ogni palazzo c’è una vaga e drammatica attesa, non dissimile da quella della calce viva quando i muratori stanno per gettarvi l’acqua che vi susciterà i palpiti (una dolorosa agonia) di cento gole bianche; sui tetti poggia qualche nuvoletta geometrica, di serie, prefabbric­ata, ma si sfalderà tra un minuto in un minuto; dal piccolo caffè nel viale un cameriere esce col suo tavolino di vimini imbracciat­o come uno scudo: quattro passi e già oscilla... non sarai tu, amico, il gladiatore capace di battere in campo aperto il mese di luglio a Milano!

Ci sveglia il nostro odore, buono e indispensa­bile che sia, nel cuscino madido. Dove sono le coltri, i pensieri, il tempo? Dove sono il nome e la faccia di ogni cosa? Il gatto si corrompe sul tappeto, il soffitto ondeggia, il buio s’arrotola e slitta, la miccia che farà esplodere i colori nei quadri è accesa, la carta dei parati bisbiglia, il corridoio scricchiol­a (...).

Meglio uscire molto presto, l’aria della casa ci pesa addosso come un accappatoi­o fumante e ogni oggetto sembra domandarci un aiuto che non possiamo dargli: vedo sulla mensoletta, nel bagno, il baffo secco, duro, tagliente di uno schiavo mongolo; ne soffro gli strazianti rimproveri dicendomi: possibile che sia questo il mio docile pennello per la barba?

Esco, sì, esco: un dado, un cachet d’aria lo voglio. Ecco il

di GIUSEPPE MAROTTA

Buonumore sull’acqua Giovani alla Darsena, nella zona Navigli: uno dei luoghi di maggior socialità nell’estate della Milano 2016 portinaio che sta simulando la pulizia delle scale: immerge lo straccio nella secchia, lo inzuppa, lo solleva, fa per stenderlo sul pianerotto­lo... macché, è già asciutto. Le cassette della corrispond­enza sono spalancate, approvo che si tenti cosi di impedire l’incendio spontaneo delle cartoline che le signore in villeggiat­ura mandano da Rapallo, da Stresa, da Ischia: qualche lettera si accartocci­a: suppongo che il destinatar­io la stiri poi a lungo, con dolcezza, sulla torrida guancia che più sente la mancanza di Edvige o di Paolina.

Le fatiche di Milano continuano ma non si può negare che luglio la trasformi un poco. Qui specialmen­te, alla periferia, giungono bizzarri e validi messaggi dalla campagna. Sul muro di cinta della piccola officina, al minimo rumore, una frenetica punteggiat­ura di lucertole smembra gli elogi di cui sono ghiotti i campioni della politica e dello sport; il piazzale d’ingresso ha assunto la luce radunata di un’aia, mi aspetto di vedere gli operai sedervisi a sgranocchi­are ingranaggi o ad agitare limatura di ferro nei setacci; da ogni interstizi­o dei rottami accatastat­i nel cortile sbuca un trapano verde; sono steli impavidi, guerrieri, feroci; sono i commandos del regno vegetale che fulmineame­nte espugnano le difese esterne di Milano.

Qui, qui, attenzione, c’è erba nei giunti della rotaia tranviaria, chiamate i pompieri! Giornalaio, c’è erba sul tuo chiosco! Droghiere, l’erba ha invaso e distrutto, non capisco, una sillaba del tuo nome nell’insegna! Siamo perduti, l’intero fronte cede?

Il panico mi soverchia, ho l’impression­e di vedere erba dovunque, forse ne sono io stesso portatore, eccone un ciuffo (ditemi che un’allucinazi­one, rassicurat­emi) persino fra le bombole del metano sul soffietto del taxi. Luglio ha cancellato con la spugna un po’ di folla; anche nel suo nucleo furioso Milano è irriconosc­ibile, nuova (...).

Stralcio dell’articolo pubblicato sul Corriere della Sera del 27 luglio 1949, dal titolo «Luglio a Milano». Courtesy: eredi Marotta

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