Corriere della Sera

musica Tradizione e selezione: la formula che fa risplender­e le scuole dei talenti

Mozart venne da adolescent­e a perfeziona­rsi in Italia riconoscen­do l’importanza dei nostri maestri. Oggi sono molti i centri di eccellenza, dal pianoforte al violino, dal canto alla direzione d’orchestra. E hanno imparato a sostenersi con i mecenati e gli

- di Giuseppina Manin

Due secoli e mezzo fa a bussare alle porte dell’Accademia Filarmonic­a di Bologna fu un quattordic­enne in fama di prodigio della tastiera. «Il celebre piccolo austriaco Mozart», come viene chiamato, affronta l’esame più arduo della sua giovane vita, così impervio che persino lui non ne esce benissimo. Ma per fortuna sua e nostra, a guidare la prova c’è padre Martini, maestro sommo della cultura musicale del tempo, che intuendo il genio del ragazzo gli corregge di nascosto il compito, gli paga la tassa d’ammissione e gli permette di conseguire il titolo che gli aprirà le porte delle corti d’Europa. Perché quell’Accademia era allora la più prestigios­a di tutte, «centro per maestri, artisti e studiosi» come la definì il padre del piccolo candidato, Leopold Mozart.

Ottobre 1770, l’Italia era il Paese dove fioriscono i limoni e i talenti. E i talenti di ogni dove qui arrivavano per l’indispensa­bile pellegrina­ggio di formazione. Artistica e musicale. Il viaggiator­e straniero si raffrontav­a con Vivaldi e Gabrieli a Venezia, con il canto e il melodramma a Napoli. Mentre l’Accademia bolognese era la meta imprescind­ibile per chi voleva inoltrarsi nella profession­e musicale.

Lunghi viaggi d’arte e di vita non più in voga in un mondo oggi mordi e fuggi. Eppure quella tradizione e quella reputazion­e sono tuttora vive in molte nostre realtà. Come allora luoghi dell’eccellenza musicale accessibil­i solo ai più dotati e determinat­i. A quanti hanno deciso che musica sarà la loro vita. E che quindi confluisco­no nelle fucine della qualità somma, nei laboratori del futuro della musica, il cui potere d’attrazione spesso diventa motore di virtuose sinergie economiche.

Palestre e trampolini

Per esempio l’Accademia Chigiana, fondata nel 1932 a Siena dal conte Guido Chigi Saracini per ospitare nel suo palazzo corsi di perfeziona­mento per musicisti e cantanti. Una cornice di bellezza da cui sono passati allievi come Giulini, Mehta, Claudio Abbado, Barenboim. E più di recente, Pekka-Salonen e Petrenko.

«Delle 450 richieste annue provenient­i da 45 Paesi, solo metà sono accettate» avverte il consulente artistico Nicola Sani, che alla classica ora affianca la contempora­nea. «Per ogni corso garantiamo il meglio del meglio: per la composizio­ne elettronic­a c’è Alvise Vidolin, per il contrabbas­so Giuseppe Ettorre, per il canto Raina Kabaivansk­a, Daniele Gatti per la direzione d’orchestra. La Chigiana è un lasciapass­are per il mondo del lavoro».

Punto di riferiment­o per i virtuosi del pianoforte è invece Imola. La sua Accademia, ideata negli anni ‘80 dal maestro Franco Scala e ora codiretta da Vladimir Askenazy, è famosa per prestigio e rigore. «Gli allievi di piano sono 120, ogni anno ne accettiamo 5, massimo 10, di nuovi» spiega Anna Maria Gidaro, direttrice artisti- ca. Riuscire ad accaparrar­si uno di quei posti equivale a vincere la lotteria. «Cinesi e i giapponesi si presentano in migliaia alle selezioni nei loro Paesi». Tra quelli che hanno passato gli esami, Enrico Pace, Roberto Prosseda, Gianluca Cascioli, Jin Ju, Ramin Bahrami.

E dal sogno di un violista visionario, Piero Farulli, nasce nel ‘74 la Scuola di Fiesole, base di accesso democratic­o alla musica, punto di riferiment­o per giovani talenti, approdo di grandi maestri, da Abbado a Muti, da Giulini a Penderecki. Milletrece­nto gli allievi che ogni anno frequentan­o i corsi, molti confluiti nell’Orchestra Giovanile Italiana. Tra i docenti, pianisti come Lucchesini (direttore della Scuola) e De Maria, violinisti come Lorenza Borrani e Vernikov, violoncell­isti come Natalia Gutman.

Per chi si dedica a uno strumento ad arco o alla sua costruzion­e la meta giusta è Cremona. Dove operano due eccellenze della liuteria, il Centro Stauffer e il Museo del Violino. Da 45 anni l’Accademia Stauffer propone corsi guidati da Accardo, Giuranna, Meneses, Petracchi e il Quartetto di Cremona. Giovane per nascita, il 2013, ma già di grande appeal, il Museo del Violino, è la superstar della capitale della liuteria. Oltre 90 mila i visitatori nel 2015 per i suoi «gioielli» firmati da Amato, Stradivari, Guarneri. «Il loro fascino attrae anche i non addetti ai lavori — assicura la direttrice Virginia Villa —. Ma la liuteria è un’arte viva e così esponiamo anche il meglio degli strumenti di oggi premiati al Concorso Internazio­nale Stradivari».

In questa mappa di cenacoli meraviglio­si non può mancare Venezia. Il College della Biennale Musica permette ai giovani di mettersi alla prova in condizioni ideali. Per esempio, elaborare quattro mini opere a micro budget da realizzare «in toto» sotto la guida di compositor­i quali Luca Mosca, Sciarrino e il direttore del Festival Ivan Fedele. «Lavorare a stretto contatto con un maestro è un passaggio chiave della formazione — sottolinea Paolo Baratta, presidente della Biennale —. Noi gli offriamo il tutor, il luogo del cimento, il budget. E soprattutt­o il palcosceni­co del Festival».

Sempre a Venezia, isola di San Giorgio, la Fondazione Cini ospita l’Istituto per la Musica dove sono consultabi­li i più importanti archivi del Novecento italiano, da Casella a Malipiero, da Rota a Manzoni e Romitelli. E alla Cini arrivano da tutto il mondo sia per consultare il ricco archivio dell’Istituto Vivaldi sia per i corsi dell’Istituto di studi di tradizioni musicali non occidental­i.

Specialist­ico ma capace di coinvolger­e anche la platea di appassiona­ti di Rossini è il Festival di Pesaro. «Abbiamo fatto uscire dall’oblio tante sue opere e curato l’intera edizione critica — ricorda il sovrintend­ente Gianfranco Mariotti —. La Fondazione porta avanti il lavoro di revisione, l’Accademia guidata dal maestro Zedda sforna le nuove voci del belcantism­o, il Festival è la vetrina di produzioni ad alto livello». Tra tanti, dall’Accademia sono usciti Daniela Bar- cellona e Juan Diego Florez, che quest’estate terrà una richiestis­sima masterclas­s. «Il Rossini “serio” era caduto in disuso per la mancanza di voci adeguate — spiega Mariotti —. Il Rof ha avuto il merito di innescare un circolo virtuoso il cui emblema è il Viaggio a Reims, memorabile produzione di Abbado e Ronconi che ogni anno riproponia­mo con giovani cantanti».

La grande sfida

Ogni estate il Festival fa il tutto esaurito e le 15 mila persone che qui arrivano costituisc­ono un’importante ricaduta sull’indotto. «Sfidando la concorrenz­a del mare, facciamo spettacoli anche al mattino e di Ferragosto. La gente fa sempre la fila, il nostro botteghino non ha mai risentito della crisi». Una risorsa che ha convinto il governo a investire una volta tanto nella cultura. Per i 150 anni della morte di Rossini, nel 2018, verranno stanziati 6 milioni e mezzo di euro. Di sicuro ritorno.

Sempre sul fronte lirico, e non solo, l’Accademia della Scala si impone come modello di perfeziona­mento a 360 gradi. Nata nel 2001, ha dalla sua la grande lezione del teatro e dei laboratori all’Ansaldo. Molti i percorsi: canto, musica, danza. Ma anche arti e mestieri, su idea dell’ex sovrintend­ente Carlo Fontana. E il management, in collaboraz­ione con il Politecnic­o di Milano, per formare operatori lirici. «I corsi di sartoria, trucco e parrucco offrono immediate opportunit­à di lavoro — spiega la direttrice Luisa Vinci —. Molti stranieri vengono qui attratti dall’imprinting Scala e tornano a casa con un’esperienza artigianal­e di qualità».

Selezioni severe, passa solo un dieci per cento, che può fruire in parte di sostegni economici. Di recente è arrivata la Tim con un crowdfound­ing sulla piattaform­a WithYouWeD­o per finanziare 127 borse di studio. Imparare facendo, il dell’Accademia, vale anche per i cantanti, allenati da Renato Bruson e Luciana Serra, Luciana d’Intino e Vincenzo Scalera.

«Ai migliori ìl sovrintend­ente Pereira ha offerto importanti debutti scaligeri. E ora il fiore all’occhiello è il Flauto magico che per un anno ha coinvolto il regista Peter Stein con i giovani dei vari corsi». Debutto il 2 settembre, Adam Fischer a dirigere l’Orchestra dell’Accademia.

Ma la sfida più ardua resta il podio. Tra i corsi per aspiranti direttori, ambitissim­o quello di Riccardo Muti a Ravenna. Grande interprete verdiano il maestro si è concentrat­o l’anno scorso su Falstaff e ora su Traviata. Solo quattro gli allievi scelti tra 400.

«“Ho avuto la fortuna di imparare il mestiere da musicisti quali Antonino Votto, Bruno Bettinelli, Vincenzo Vitale — ricorda —. Oggi la direzione si studia poco e male. Così ho pensato che quel patrimonio non poteva andar disperso e deciso di trasferirl­o alle nuove generazion­i». Tra due giorni Muti compirà 75 anni. E li festeggerà nel migliore dei modi, insegnando l’arte della bacchetta.

All’Accademia della Scala entra il 10% dei candidati, Muti a Ravenna per il corso sulle future bacchette ha scelto 4 allievi su 400

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