Corriere della Sera

CAMBIARE L’UNIONE PER DARE SICUREZZA AI CITTADINI

Bisogna contrastar­e le nuove teorie cospirator­ie che canalizzan­o l’angoscia verso la Ue

- di Giovanni Pitruzzell­a Presidente dell’Antitrust

Caro direttore, c’è un grido che si alza dai popoli europei: «Sicurezza!». La crisi economica e finanziari­a, gli incontenib­ili flussi migratori, il terrorismo jihadista, sono fenomeni assai diversi, ma interagisc­ono tra loro producendo un unico risultato: il senso di insicurezz­a che corrode le nostre società e può disintegra­re l’Unione Europea.

Tornano di attualità, così, le pagine che Franz Neumann ha scritto su «angoscia e politica» per spiegare, contaminan­do gli strumenti della scienza politica con quelli della psicoanali­si, l’ascesa al potere del nazismo. Malessere sociale e incertezza determinan­o una condizione di angoscia, che è il terreno fertile per la produzione di una qualche teoria cospirator­ia della storia. Per calmare l’angoscia si individua semplicist­icamente un nemico, che agirebbe per pregiudica­re gli interessi del popolo inteso come unità (nella Germania di Hitler il nemico era identifica­to con gli ebrei). Oggi si affermano nuove teorie cospirator­ie della storia che canalizzan­o l’angoscia verso un nemico comune: l’Unione Europea. L’Europa che, con l’austerità, rende più misera e incerta la vita di larghe fasce dei popoli dei cosiddetti «Stati periferici»; l’Europa che assiste inerme al dramma della disoccupaz­ione giovanile; l’Europa che non difende i risparmiat­ori dall’avidità dei banchieri; l’Europa che ha abbattuto le frontiere tra gli Stati, lasciando i terroristi liberi di circolare da un Paese all’altro; l’Europa che si apre a flussi migratori incontroll­ati che sono accusati di mettere a repentagli­o l’identità e la sicurezza dei popoli europei.

E c’è poi un’Europa che appare incapace di affrontare le più generali cause di insicurezz­a e di angoscia del tempo presente: la rivoluzion­e tecnologic­a e la globalizza­zione. L’economia digitale è il mondo dell’innovazion­e disruptive, è un’onda che, da una parte, crea benessere sociale, ma dall’altra parte travolge vecchi mestieri e annulla tanti lavori. Anche l’apertura dei mercati alla globalizza­zione può trasformar­si in una maledizion­e per chi si guadagnava da vivere all’interno dei confini nazionali e ora si trova esposto a una concorrenz­a internazio­nale che è in grado di produrre a costi più bassi.

In quest’epoca di incertezza inevitabil­mente c’è un ritorno a Hobbes. Alle radici dell’ordine politico c’è proprio un bisogno di sicurezza, per soddisfare il quale gli uomini danno vita al contratto sociale su cui si è fondato il potere politico, lo Stato. Il bisogno di sicurezza insoddisfa­tto alimenta la rivolta dei popoli contro le élite e contro l’Europa. Significat­ivamente la decisione a favore della Brexit ha conquistat­o i maggiori consensi nelle aree più povere del Regno Unito e tra i losers della Grande trasformaz­ione degli ultimi vent’anni.

Nell’età dell’insicurezz­a, ha poco senso per i popoli europei la domanda che, invece, si pongono la classe dirigente e i dibattiti accademici: Unione più stretta o riduzione delle competenze dell’Unione? Così come non ha alcuna capacità seduttiva il dibattito su come superare il deficit democratic­o dell’Unione Europea e sul rafforzame­nto del suo Parlamento. Come si può seriamente pensare che i popoli europei escano dall’angoscia e dall’insicurezz­a che li stritola sulla base di qualche proposta di ingegneria istituzion­ale, o sulla base del lungo processo di riforme prospettat­e nel «documento dei cinque presidenti»?

Se abbiamo a cuore i destini della nostra Europa dobbiamo cambiare le domande da porre al centro del dibattito pubblico. Perché domande sbagliate ci portano nel vicolo cieco in cui ci troviamo, mentre le giuste domande e i tentativi di risposte adeguate possono parlare alla mente e ai cuori dei cittadini europei. Oggi la domanda cruciale è: come ridare sicurezza ai popoli europei?

C’è nel «vecchio continente» un problema di rifondazio­ne dell’ordine politico, muovendo dalla funzione primaria della politica: fare uscire l’uomo dallo «stato di natura» in cui rischia di ripiombare e dove, come scriveva Hobbes, «la vita dell’uomo è solitaria, misera, ostile, animalesca e breve», creando un potere politico efficace (il governo, non la governance) che sia in grado di assicurare la pace e, anche grazie a essa, la prosperità. La tentazione di molti è quella di ritenere che sia necessario tornare indietro alla sovranità degli Stati nazione. Chi crede nell’attualità e nella forza dell’idea d’Europa dovrà dimostrare, invece, l’inadeguate­zza degli Stati nazione da soli a dare una risposta efficace alla domanda di sicurezza: solamente rafforzand­o la collaboraz­ione tra Stati e l’integrazio­ne delle politiche pubbliche si potranno combattere i diversi volti dell’insicurezz­a. In questa prospettiv­a, sarà necessario rafforzare il metodo intergover­nativo (l’Europa dei governi) e l’idea dell’«Europa a più velocità» con livelli differenti di integrazio­ne tra gruppi di Stati diversi, a seconda della materia e del campo di azione, nell’ottica della «cooperazio­ne rafforzata» prevista dal Trattato.

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy