Lamborghini ora punta al «raddoppio» Domenicali: Audi ha riconosciuto la forza del made in Italy. In arrivo 300 assunzioni
d’attesa lunghe fino a un anno. Esattamente come accade a Maranello.
Su questo microcosmo del lusso sportivo, made in Italy puro nonostante la proprietà tedesca, regna da quattro mesi Stefano Domenicali. Il numero uno della gestione sportiva Ferrari era Montezemolo. L’uomo che nella terra dei motori ci è nato, e la respira. Il «dettaglio» che mancava all’Audi: se «l’obiettivo è consolidare lo sviluppo» valorizzando un marchio che «si inserisce in maniera perfetta nella Motor Valley» italiana, chi meglio del manager cresciuto a Maranello, brand nel brand per eccellenza? Colpo di fortuna dunque, per Ingolstadt, il suo divorzio dalla Rossa era Marchionne. E se è vero che, all’inizio, Domenicali l’hanno voluto per studiare un progetto da Formula Uno, la sfida Lamborghini non è meno intrigante. Per l’uno e per gli altri.
Non che fin qui i tedeschi avessero sbagliato granché. Anzi. Quando sbarcarono a Sant’Agata, l’azienda che Ferruccio Lamborghini fondò nel 1963 solo perché insoddisfatto della sua Ferrari, di glorioso aveva soltanto il passato. Auto mitiche perché rivoluzionariamente capitalizzano fino a 15 volte più di Yahoo!
Non ci sarà più Yahoo! così come lo conosciamo. L’accordo ufficializzato punta infatti a fondere due titani della rete: Yahoo!, appunto, e Aol, che Verizon ha comprato lo scorso anno per 4,4 miliardi di dollari. Alla piattaforma Aol si andranno ad aggiungere tutti i estreme, come la Miura. Auto che però, il giorno in cui un Ferruccio stanco dell’«Emilia rossa» anni 70 vendette tutto, rischiarono di non sopravvivere ai continui passaggi di proprietà. Non fosse stato perché chi ci lavorava aveva il dna unico e irripetibile del triangolo Maranello-Bologna-Modena, le poche centinaia di macchine cui si era ridotta la produzione ne avrebbero inevitabilmente decretato la fine.
Se l’aspettavano tutti. Quello che i tedeschi capirono, era la storia del dna. Quello che comprarono, le potenzialità del contenuti internet di Yahoo!: dal motore di ricerca al servizio email, dalle news alla finanza, dallo sport ai servizi video. Fuori dell’intesa restano invece la parte dei brevetti e le quote che Yahoo! ha in Alibaba e in Yahoo! Japan. Quote che hanno peso sul bilancio (un valore complessivo di circa 40 miliardi di dollari) ma meno made in Italy. Quello che promisero, il semplice e religioso rispetto dell’uno e dell’altro. Sapevano perfettamente che una Lamborghini colonizzata non sarebbe più stata «la» Lamborghini. Per dirla con Domenicali: «Le guardi. Queste auto non si possono fare da nessun’altra parte. È una forza che Audi ha riconosciuto: ci aiuta, e la simbiosi funziona».
Già. La «piccola» Lamborghini — 870 milioni di fatturato 2015 — investe il 20% del giro d’affari in Ricerca & Sviluppo. Sta raddoppiando fabbrica e capacità produttiva: lavori in corso sul lotto dove sorgerà l’impianto dedicato al primo Suv di casa, l’Urus, che a sua volta raddoppierà i volumi del gruppo (se i dati semestrali, oltre 2 mila auto vendute, dicono che Aventador e Huracàn si avviano a battere il record di 3,245 vetture del 2015, il solo Urus punta a quota 3 mila dal 2018). Con il che, ovviamente, arriveranno altre nuove assunzioni: i circa 1.100 dipendenti pre-Suv sono già saliti a 1.300 e diventeranno 1.600 a stabilimento completato. Tutti in grado di combinare artigianato e tecnologia. Altissima tecnologia: questa è stata la prima fabbrica d’automobili al mondo a lavorare sulla fibra di carbonio, ed è una leadership che conserva. Oggi le frontiere della mobilità hi tech sono su un piano totalmente diverso, ma nemmeno chi produce costosissime supersportive a tiratura limitata può permettersi di guardare altrove. Quindi. Selfdrive car no (scontato): «Per i prossimi 15 anni almeno - rassicura Domenicali - la Lamborghini un volante lo avrà». Motori elettrici «ni»: «Arriveranno anche in questo segmento, solo non a breve». Ibrido, decisamente sì: «Con l’Urus. Non prima della versione classica, però».