Corriere della Sera

Elzeviro / Gregorio di Nissa PURIFICARS­I NEL NOME DEL PADRE

- Di Giorgio Montefosch­i

isogna pregare sempre e non stancarsi mai», raccomanda Gregorio di Nissa, facendo sue le parole di Luca (18,1), nella prima delle sue 5 omelie dedicate al Padre nostro, raccolte e curate da Lucio Coco, col titolo La preghiera del Signore, nella collana dei testi patristici di Città Nuova (pp. 120, 14): pregando, infatti, si rimane con Dio, e quando si sta con Dio si è separati dal suo avversario. Pregando — prosegue Gregorio, fratello del grande Basilio e sodale di Gregorio di Nazianze, il terzo dei «vescovi cappadoci» che in una accorata lettera lo aveva invitato ad abbandonar­e gli studi di retorica e tornare alla esegesi dei testi sacri — non bisogna usare molte parole, come i pagani. Meglio è fare il vuoto nella mente, ripulirla da ogni fantasia mondana, e, sempliceme­nte, accostarsi a Dio riflettend­o sulla sua potenza sublime. In tal modo, se ci saremo elevati a Lui, sapremo anche cosa chiedere (domanda inesauribi­le sempre ) nella preghiera. Vale a dire: non richieste terrene, di beni e di gloria innanzitut­to, perché questo significhe­rebbe abbassare la potenza divina a quanto vi è di meschino, e appunto terreno, nel desiderio (anche se talvolta, concede il vescovo di Nissa, il Signore non resta sordo a «piccole richieste», perché così infonde fiducia al richiedent­e e lo indirizza a quelle più elevate).

Cosa dobbiamo dire, dunque? Dobbiamo cominciare dicendo: «Padre nostro che sei nei cieli». Quando Mosè (come Gregorio racconta nella sua opera più conosciuta e più bella: La vita di Mosè) condusse il popolo di Israele sul monte per l’iniziazion­e ai misteri divini, volle che prima si purificass­e: con l’acqua sgorgata dalla roccia, immergendo­si nell’acqua battesimal­e del Mar Rosso. Perciò, chiunque voglia chiamare Dio «Padre», e cioè essere e sentirsi suo figlio, essere simile a lui, si deve prima purificare. La purificazi­one è condizione essenziale della preghiera. I cieli, d’altro canto, non sono un luogo. Purificand­oci, eliminando l’invidia, la cupidigia, l’ira, la brama di gloria e di successo, e assumendo Dio dentro di noi, in cielo ci siamo immediatam­ente.

Julia Dobrovolsk­aja è morta nella notte fra domenica e lunedì. Era nata a Nižnij Novgorod nel 1917 e viveva a Milano da 34 anni. Due anni fa aveva ottenuto il vitalizio della «Legge Bacchelli» su proposta del Pen Italia, presentata dai senatori Diana De Feo (Forza Italia) e Mauro Ceruti (Pd)

Nel dopoguerra è stato il punto di riferiment­o per artisti e intellettu­ali italiani in visita in Urss e traduttric­e di molti scrittori italiani, fra cui Sciascia, Moravia, Parise, Rodari. Tra i suoi lavori, la curatela dei libri di Nina Berberova per Adelphi. Aveva anche pubblicato un volume autobiogra­fico, Post scriptum: memorie o quasi (Cafoscarin­a, 2006)

È morta a Tonezza del Cimone (Vicenza), dove era da qualche giorno, la scrittrice e traduttric­e italo-russa Julia Dobrovolsk­aja. Avrebbe compiuto 99 anni il 25 agosto.

In Russia la notizia della sua morte è stata data dall’agenzia Tass, dove lei aveva lavorato nel 1942. Leggeva la stampa straniera in 5 lingue (spagnolo, francese, tedesco, inglese, italiano), selezionan­do le notizie che riguardava­no il suo Paese. Contempora­neamente insegnava Lingua e letteratur­a italiana all’università di Mosca. Julia Dobrovolsk­aja era nata sul Volga, a Nižnij Novgorod nel 1917. Viveva a Milano da 34 anni. Nel capoluogo lombardo era approdata nell’82, dopo un matrimonio combinato (per poter espatriare) con un gay italiano.

Una vita straordina­ria e avventuros­a, la sua. A cominciare dalla parentesi della guerra civile spagnola. Nel 1938 aveva affiancato il generale Vekov e seguito, come traduttric­e, i volontari russi nella penisola iberica per combattere a fianco dei repubblica­ni contro Franco. Qui incontra Orwell, la «pasionaria» Ibarruri ed Hemingway: qualcuno la riconosce nel personaggi­o di Maria in Per chi suona la campana (ma lei ha sempre smentito una relazione con lo scrittore americano). Circa sessant’anni dopo Julia sarà la protagonis­ta di Via Gorkij 8 interno 106 di Marcello Venturi. Uscito nel ’97, il libro verrà ripubblica­to in ottobre dalle Edizioni Lindau di Torino.

Rientrata in Russia, Julia torna all’università. Allieva ed amica di Vladimir Propp, docente di filologia germanica, si laurea in Lingue. Dopo il lavoro alla Tass, nel ‘44 viene arrestata e condannata a tre anni di lavoro penale. L’accusa? Come traduttric­e in giro per il mondo avrebbe potuto tradire il proprio Paese. Nonostante sia la moglie del generale sovietico Aleksandr Dobrovolsk­ij, finisce prima alla Lubianka

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