Corriere della Sera

Quell’agenda rossa mai ritrovata

- Di Dacia Maraini

Il 19 luglio si è commemorat­o l’assassinio di Paolo Borsellino, con i cinque agenti della scorta. Una giornata di memorie, di canti, di poesie, di promesse di «resistenza» di fronte ai troppi misteri, alle troppe menzogne, ai troppi silenzi che ancora gravano sul nostro passato. Ricordiamo i fatti: Paolo Borsellino è stato ucciso il 19 luglio del 1992 in via D’Amelio dove si stava recando per incontrare sua madre, come faceva ogni domenica. Sappiamo che una mano ignota ha premuto il bottone che ha fatto esplodere il tritolo. La mano si trovava dentro il castello Utveggio, in cima al monte Pellegrino, a chilometri di distanza. Ma la devastazio­ne è stata terribile e ha fatto a pezzi il giudice e i cinque della scorta. Il fratello Salvatore che non si è mai arreso alle mezze verità sui veri mandanti, ha fondato il movimento «Agende rosse» che conta migliaia di iscritti in Italia. L’agenda è considerat­a importanti­ssima perché conteneva le prove, scoperte assieme con l’amico Falcone ucciso pochi mesi prima, delle collusioni fra una certa parte dello Stato e la mafia. Il taccuino dalla copertina rossa che il giudice portava sempre con sé, è stata vista dalle telecamere in mano a una figura non identifica­ta. Fatto sta che non si è mai più trovata. Per questo ogni anno Salvatore Borsellino organizza, nella data della morte del fratello, un incontro molto vivo e partecipat­o, che viene frequentat­o da tanti giovani siciliani e non. I politici non sono ammessi, se non in forma privata e non hanno il diritto di parlare. Sono ammesse invece le parole di amici, di simpatizza­nti, di artisti e poeti, come Marilena Monti che proprio il giorno della morte di Borsellino era vicina a via D’Amelio e ha scritto a caldo una bella poesia che viene letta ogni volta con commozione: «Col sole che brucia / Coi gradi assoluti di luglio. / Possibile darsi riparo / e darsi frescura con niente? / Presenti. Dolenti. / Furenti. Pensosi. / Penosi gli sguardi. / Duemila, tremila, seimila. I timidi, i buoni, i pavidi / e gli sbruffoni. Magliette celesti, / ragazze, / signore ed occhiali, / scolari. / Tacete! / Che Paolo dorme per sempre, / Ormai non lo sveglia il mattino. /…ma .. Ti giuro, Giudice Paolo / dagli occhi di miele/ e mestizia, / che noi /ti faremo giustizia!»

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