Corriere della Sera

Le scatole cinesi L’ombra dello stato dietro Zheng & Wu e il futuro Milan

- Paolo Salom

Steven Zheng o Sonny Wu? Chiamiamol­i con i loro nomi all’anagrafe cinese: Zheng Jianming il primo, un magnate dell’energia pulita originario della provincia del Jiangsu; Wu Shenjun il secondo, manager del fondo di investimen­to Gsr (Golden Sand River, fiume dalla sabbia dorata), originario del Guandong ma cresciuto in Canada, dove si è laureato. Insieme rappresent­ano la cordata in procinto di acquisire il 100 per cento del Milan, una delle squadre più blasonate d’Europa (e del mondo).

Ma sono davvero in sinergia? E perché tutti parlano di Wu Shenjun come il punto di riferiment­o di questo affare mentre Zheng Jianming sembra relegato nell’ombra? Insomma, chi tra i due è davvero l’uomo forte? Considerat­o che la diarchia non fa parte della tradizione del Celeste Impero, da sempre strutturat­o su una rigida piramide sociale con al vertice il Figlio del Cielo, possiamo affermare che per quanto in (grandi) affari, i due protagonis­ti di queste interminab­ili trattative non hanno lo stesso peso. Se dovessimo giudicare secondo i parametri occidental­i, Wu Shenjun sarebbe il capofila, il futuro padrone del Milan: da Bloomberg ai grandi quotidiani internazio­nali, tutti hanno fatto a gara nel presentare questo investitor­e come l’uomo del destino, se non altro perché è l’unico dall’inizio sotto i riflettori.

Ma non è così che funziona in Cina. Nel Celeste Impero chi ha davvero possibilit­à e denaro preferisce muovere le pedine da dietro le quinte. Un sistema che si è strutturat­o nei secoli in una civiltà dove essere troppo in vista poteva suscitare invidie, gelosie e, soprattutt­o, l’attenzione (non necessaria­mente benevola) del potere. Ecco le ombre cinesi: in caso di rovescio di fortuna, un’assicurazi­one sulla vita: «Io non sono nessuno...». Dunque? Con un patrimonio netto di quasi due miliardi di dollari (è il 77° uomo più ricco della Repubblica Popolare), è più probabile che sia Zheng Jianming, finora semi sconosciut­o ai più, il magnate che ha la possibilit­à di investire quanto basta per portare il simbolo del calcio europeo in Oriente. Consideria­mo come è diventato un Paperone. Un intellettu­ale, è stato vicedirett­ore della rivista Hainan Times ma, soprattutt­o, ricercator­e all’Istituto di Economia e tecnologia sotto l’ala del Consiglio di Stato, cioè il governo di Pechino. Poi, grazie a fortunati investimen­ti immobiliar­i (in Cina dicono: xiahai, si è «gettato nel mare» grazie ai suoi trascorsi nello Stato), ha guadagnato un mucchio di soldi ed è entrato nel settore delle energie rinnovabil­i. Dunque: ha capitali e, da non sottovalut­are, entrature ad altissimo livello. Ma preferisce rimanere in disparte. Il profilo migliore per gestire questo difficile cambio di proprietà.

Operazione, quella di portare, dopo l’Inter, il Milan in quel di Cina, che risponde a una precisa linea politica indicata dal presidente Xi Jinping, lui stesso appassiona­to di calcio e

Parametri diversi I parametri di Pechino così diversi dai nostri rendono misteriosi i confini dell’affare

desideroso di elevare il livello (al momento piuttosto scarso) di questo sport nel Paese. Ecco perciò la difficoltà delle trattative, la presenza di aziende e persone delle quali è tuttora difficile capire il ruolo ma tutte desiderose di compiacere il leader massimo: Robin Lee di Baidu, la Kweichouw Moutai (brand di alcolici di livello internazio­nale). E i nostri due Sonny Wu e Steven Zheng.

Dei prestanome? Secondo Thomas Rosenthal, studioso di Cina contempora­nea e manager italiano con base a Shenzhen, non è escluso che dietro a tutto questo giro vorticoso ci sia lo Stato cinese, l’unico che potrebbe ottenere benefici dall’acquisto o dalla comparteci­pazione alla gestione di squadre straniere. Rosenthal immagina una quotazione a Hong Kong, sistema per far guadagnare subito del denaro a chi lo ha investito per conto terzi. E poi? Poi si vedrà: è il gioco delle scatole cinesi.

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Magnate Steven Zheng, Zheng Jianming il nome cinese
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Manager Sonny Wu, Wu Shenjun all’anagrafe cinese

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