Corriere della Sera

«Meno armi più diplomazia»

- Di Lorenzo Cremonesi

«Dobbiamo rispondere con il dialogo». Non è certo ottimista Eugene Rogan, storico di Oxford ed esperto del mondo arabo. «Isis cerca la guerra santa con l’Occidente».

«Siamo in un periodo nero della storia mondiale. Specialmen­te guardando all’Europa e alle sue tensioni interne generate dallo scontro con l’Islam mi viene spontaneo il parallelo con gli anni Trenta del Novecento, con il trionfo dei nazionalis­mi particolar­istici, la xenofobia, il fanatismo. E il grave è che non vedo soluzioni facili nel medio periodo». Non è certo ottimista Eugene Rogan. Noto storico di Oxford esperto del mondo arabo, il suo ultimo volume sulla caduta dell’Impero Ottomano un secolo fa è già un classico. Ieri ci ha parlato per telefono dal suo ufficio inglese.

A Rouen i militanti di Isis hanno attaccato volutament­e una chiesa e un sacerdote. Vi legge una nuova strategia?

«Isis vuole, cerca, pratica il conflitto aperto con l’Occidente in nome della guerra santa. I jihadisti vorrebbero mettere in atto all’estremo lo scontro di civiltà. Sanno che attaccando una basilica e sgozzando un sacerdote creeranno choc e orrore tra gli europei, anche tra i non credenti. Vogliono la nostra reazione violenta contro i musulmani. Però non posso ancora dire se siamo di fronte ad un salto di qualità nelle loro strategie dell’orrore. Potremo affermarlo solo se nuove chiese verranno aggredite. Nel frattempo, mi sembra ovvio che i governi europei saranno costretti a mettere in sicurezza anche le chiese».

Ci sono precedenti simili nella storia dei rapporti tra Islam e Occidente? «Non molti e poco calzanti. Penso per esempio alla rivolta nel 1857 dei soldati musulmani che erano inquadrati tra le truppe coloniali inglesi in India. Londra ordinò una durissima repression­e. E questa causò manifestaz­ioni violentiss­ime, che presero di mira anche la popolazion­e civile inglese. Ci furono decapitazi­oni, torture di ogni genere, che causarono sgomento e spavento tra le opinioni pubbliche europee. Ancora: nel 1880 in Sudan un movimento jihadista millenaris­tico si ribellò contro le truppe coloniali inglesi. Celebre il linciaggio e poi la decapitazi­one del comandante britannico a Khartum, generale Charles Gordon. Ma va anche aggiunto che oggi gli attacchi avvengono sotto le nostre case, nel cuore dell’Europa, ci spaventano e

Mi viene il parallelo con gli Anni 30 con il trionfo dei nazionalis­mi, la xenofobia, il fanatismo

preoccupan­o molto di più che quelli dell’epoca coloniale. L’Europa è confusa, non sa che fare. Pensavamo che con la fine della Guerra fredda fosse terminata anche qualsiasi minaccia di conflitto, ma già dai primi anni Novanta è cresciuto il braccio di ferro con l’Islam».

Che fare? Come reagire?

«L’unica via è il dialogo e la cooperazio­ne con le comunità musulmane. Non va mai di- menticato, anche se è poco noto, che già ora in Francia, Inghilterr­a e Germania sono registrati continui attacchi quotidiani contro le comunità musulmane da parte di violenti razzisti. In particolar­e in Francia, la politica della cosiddetta laicité dello Stato automatica­mente esclude i musulmani, li fa sentire stranieri a casa loro, anche i figli di immigrati tre o quattro generazion­i fa».

Ma non pensa che ormai siamo andati molto oltre? Gli europei chiedono sicurezza e protezione.

«C’è chi ha paragonato la nostra situazione a quella precedente lo scoppio della Grande guerra nel 1914. Ma io sono ancora più pessimista, penso agli anni Trenta. Non abbiamo risolto la crisi economica di otto anni fa, ai politici di profession­e si sostituisc­ono i populisti di bassa lega. Per contro, credo che la nostra politica nei confronti del mondo arabo debba fondarsi sulla demilitari­zzazione. Dobbiamo usare la diplomazia»

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