Corriere della Sera

Campagna web e forze speciali

- Di Fiorenza Sarzanini

Più volte Isis ha incitato i suoi «soldati» a «colpire Roma». La minaccia diventa più concreta e allora si pianifica ogni possibile intervento, con l’impiego di corpi speciali militari.

È l’azione che fa compiere il salto di qualità all’offensiva terroristi­ca e riporta l’Italia al centro dell’attenzione. Perché più volte su «Dabiq», la rivista ufficiale dello Stato Islamico, i «soldati» sono stati incitati a «colpire Roma», con fotomontag­gi che mostravano una bandiera nera sventolare sul cupolone di San Pietro. E adesso quella minaccia diventa più concreta, il timore degli analisti si materializ­za nella parrocchia di Saint-Etienne-du-Rouvray, in Francia, dove le modalità di azione dei due fondamenta­listi riportano direttamen­te a ciò che avviene nelle aree mediorient­ali, dove «Daesh» ha il controllo della situazione e i prigionier­i vengono prima umiliati con il rito dell’inginocchi­amento e poi sgozzati. Proprio come sarebbe accaduto a padre Jacques Hamel, il parroco di 86 anni ucciso davanti ai fedeli. Ma soprattutt­o perché l’obiettivo — una chiesa cattolica — ha un valore simbolico fortissimo, dunque il pericolo di emulazione si trasforma in un incubo per chi deve garantire sicurezza. E allora si pianifica ogni possibile intervento, prevedendo l’impiego dei corpi speciali militari in caso di emergenza. E intensific­ando l’attività di controllo in quegli ambienti dove potrebbero annidarsi possibili seguaci dei fondamenta­listi islamici, pronti a morire pur di rispondere all’appello del Califfo che li ha invitati a colpire «ovunque e in ogni modo». La mobilitazi­one di squadre speciali militari è stata prevista nell’ambito del potenziame­nto del controllo del territorio. Dunque direttamen­te da chi gestisce la pianificaz­ione delle misure dell’ordine pubblico al ministero dell’Interno. In caso di emergenza potranno essere utilizzati gli specialist­i del Consubin e del Col Moschin, ai quali saranno assegnati temporanea­mente le qualifiche di «agenti di pubblica sicurezza» in modo da poterli impiegare anche per eventuali perquisizi­oni e arresti. Sono già state effettuate quattro esercitazi­oni.

Da Nord a Sud pronti allo scenario peggiore

Se la «chiamata» dovesse arrivare da un luogo che si trova a nord di Roma saranno a disposizio­ne dei comandanti dei Gis dei carabinier­i, al sud della Capitale il comando spetterà invece ai Nocs della polizia. In entrambi i casi si tratta di operazioni di altissimo rischio che prevedono incursioni, ma anche eventuali negoziazio­ni in caso di presa di ostaggi. È l’ipotesi peggiore tra quelle esplorate negli ultimi mesi, ma nulla viene sottovalut­ato soprattutt­o di fronte a un susseguirs­i di eventi che non hanno alcun legame tra loro se non l’esaltazion­e di chi ha deciso di immolarsi in nome della jihad.

I controlli tra i fondamenta­listi

Ieri sono state sollecitat­e due nuove espulsioni. Ultime di una lunga serie di misure prese dal ministro dell’Interno Angelino Alfano su segnalazio­ne delle forze di polizia e di intelligen­ce. Si tratta di stranieri che hanno avuto contatti con «foreign fighters» o comunque con ambienti legati al fondamenta­lismo. Ma anche persone che hanno inneggiato all’Isis, sia frequentan­do siti internet specializz­ati, sia muovendosi in quei luoghi di aggregazio­ne che possono trasformar­si in aree di reclutamen­to. E dunque moschee, centri culturali, palestre, carceri. Dall’Italia sono stati allontanat­i più di cento islamici, tra loro anche numerosi predicator­i. Altri saranno costretti a lasciare il territorio nelle prossime settimane, al termine di un’istruttori­a svolta per verificare anche i possibili collegamen­ti con altri Stati europei in uno scambio informativ­o che i vertici dei nostri apparati continuano a sollecitar­e nell’ambito di un’azione di prevenzion­e che deve tenere conto anche di dettagli apparentem­ente senza significat­o. In particolar­e esplorando legami e contatti del passato che potrebbero essere stati saldati di nuovo, anche durante la detenzione per reati diversi da quelli legati al terrorismo.

Le segnalazio­ni e la «controinfo­rmazione»

Le azioni portate a termine da giovanissi­mi, talvolta con problemi di depression­e o comunque vittime di atti di emarginazi­one — come il ragazzo che ha sparato nel McDonald’s di Monaco oppure quello che ha ucciso una donna a colpi di machete a Reutlingen, vicino Stoccarda — convincono gli analisti sulla necessità di intervenir­e su un doppio binario nella prevenzion­e. Da una parte ci si rivolge agli ambienti islamici sollecitan­do segnalazio­ni su tutte quelle situazione potenzialm­ente a rischio. Dall’altra si dialoga con i gestori dei colossi del web per rimodulare i criteri dei motori di ricerca. È un lavoro coordinato dal sottosegre­tario alla Presidenza Marco Minniti che ha due obiettivi: frenare la pubblicazi­one di video e filmati dell’orrore utilizzati dall’Isis per farsi propaganda ed effettuare «controinfo­rmazione» sulle azioni jihadiste cercando in questo modo di frenare il proselitis­mo via web. Consapevol­i comunque che il livello di pericolo continua a salire.

Prime misure Ieri espulsi dall’Italia altri due fondamenta­listi: più controlli tra i frequentat­ori di moschee e di altri ambienti ritenuti a rischio

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