Corriere della Sera

L’attentator­e col braccialet­to elettronic­o Il carcere e il tentativo di andare in Siria

L’altro è un minorenne di origine algerina. Nessuno dei due frequentav­a la moschea locale

- +DAL NOSTRO INVIATO Carlo Vulpio

SAINT-ETIENNE-DU-ROUVRAY – Eccoli, gli assassini. Sono due ragazzi qualunque. Apparentem­ente. Poiché è proprio l’apparenza, la simulazion­e — o meglio, la dissimulaz­ione la «taqiya» —, uno degli elementi fondamenta­li di questa guerra sporca chiamata jihad.

Niente barbe, nessuna frequentaz­ione sospetta, consumo di birra e alcolici e anche qualche capatina in discoteca come tutti gli altri, nessun rifiuto della carne di maiale per non apparire integralis­ti, e nemmeno preghiere in pubblico.

Il loro comportame­nto non doveva essere, e non lo era, diverso da quello dei «miscredent­i» con i quali dovevano convivere per ingannarli meglio. Fino al giorno dell’azione. Quando Adel Kermiche,

Lo stile di vita Niente barbe, nessuna frequentaz­ione sospetta, consumo di birra e alcolici

19 anni, e l’altro assassino, un minorenne di origini algerine, A.B. — aiutati probabilme­nte dal fratello di quest’ultimo, che è stato arrestato —, si sono rivelati per quel che erano davvero, due soldati dell’Isis.

Due francesi di «seconda generazion­e», figli di immigrati sì, ma nati a Rouen e cresciuti a Saint Etienne du Rovray, a dieci chilometri, dove hanno ricevuto istruzione, diritti, tenore di vita, che molti loro coetanei, non del mondo islamico, ma della stessa Europa, possono sognarseli.

Adel Kermiche, in verità, era ormai da più di un anno che si era fatto «riconoscer­e» e non poteva più schermarsi con lo stato di soldato «dormiente». È stato quando ha deciso di andare a combattere in Siria, l’anno scorso, contro il volere dei suoi genitori. A marzo 2015 cerca di raggiunger­e la Siria passando per Monaco di Baviera, ma viene arrestato. Poi, a maggio, ci riprova attraverso la Turchia, ma da qui viene respinto.

Finisce in Svizzera, a Ginevra, dove viene arrestato per la seconda volta ed estradato in Francia, destinazio­ne carcere di Champ-Dollon. Un anno di detenzione preventiva e poi viene scarcerato per decorrenza dei termini.

Adel Kermiche esce di galera il 22 marzo scorso con un braccialet­to elettronic­o al polso, è ormai un individuo schedato con la lettera S, fa parte della schiera dei soggetti pericolosi e ritenuti potenziali terroristi.

Torna a casa, con il braccialet­to è in semilibert­à e quindi può uscire tutti i giorni dalle 8:30 alle 12:30. E può continuare la sua jihad, reclutando l’amico minorenne e consiglian­dogli, fino al giorno dell’azione, di comportars­i come ha fatto lui: osservare le regole della «taqiya», dissimular­e, confonders­i con gli altri.

A sgozzare quel povero prete che sembra uscito da un romanzo di Georges Bernanos, padre Jacques Hamel, ci andranno insieme nella fascia oraria consentita dal braccialet­to elettronic­o. Fino a quel giorno, fino a ieri mattina, l’amico di Adel — dicono in questa cittadina di nemmeno trentamila abitanti che non si può più definire tranquilla — faceva quello che faceva Adel prima di «dichiarars­i», cioè dissimulav­a. Non frequentav­a nemmeno la moschea della città, che tutto sembra fuorché un luogo di fanatici e una palestra di «radicalizz­azione».

La moschea è stata costruita nel 2000 su un’area donata all’associazio­ne musulmana di Saint-Etienne-du-Rovray proprio dalla parrocchia di padre Jacques Hamel, del quale Mohammed Karabila, il rappresent­ante della comunità musulmana, era grande amico. «Sono sgomento, è morto uno dei miei migliori amici», dice Karabila.

E’ stato in questa stessa moschea, non distante dalla chiesa profanata dai due soldatini arruolati per corrispond­enza dall’Isis, che era stato celebrato il funerale del paracaduti­sta trentenne Imad Ibn Ziaten, assassinat­o da un altro terrorista, quel Mohammed Merah che nel 2012 aveva ammazzato tre militari e quattro ebrei, tre dei quali ragazzini. Qui, la gente si rispetta da sempre.

Lo spiega il sindaco Hubert Wulfranc, con le lacrime agli occhi, lo dice il vicario dell’arcidioces­i di Rouen, Philippe Mahent, e anche i ragazzi e le ragazze che girano frastornat­i tra la chiesa e il municipio. Poi, un giorno, è arrivato l’Isis.

«E ha reclutato qualche coglione come Adel», dice un suo ex compagno di scuola. Come hanno fatto? E’ così facile? «Ce l’hanno con i cristiani e con la Francia, che è laica, e considera gli uomini, e le donne, liberi e uguali».

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Ragazzo Adel Kermiche, uno dei due attentator­i che hanno ucciso padre Jacques Hamel in una immagine tratta dal suo profilo Facebook
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