Giustizia e sicurezza sotto accusa Lo Stato forte non protegge più
e di apparati da mesi in allerta continua, che hanno comunque ottenuto qualche risultato apprezzabile e che hanno permesso uno svolgimento ordinato e sicuro (se si eccettua la giornata di ordinaria follia degli hoolingan croati, inglesi e russi) di una manifestazione lunga e complessa come gli Europei di calcio.
Ma è un fatto che il governo, il presidente, il suo ministro degli Interni sono oggi nel mirino di una popolazione disorientata, che ha perso fiducia in uno Stato tradizionalmente forte, accettato e rispettato per la sua forza, la sua capacità di proteggere, oltre che di erogare servizi.
È su questo smarrimento, su questa assenza di risposte che nessuno può dare nell’immediato, che si innestano polemiche politiche sempre più feroci e divisive della coesione nazionale. Non c’è solo il Front National a soffiare sul fuoco, evocando reazioni militanti e analisi che criminalizzano intere comunità.
Ieri ha alzato la voce l’ex presidente Nicolas Sarkozy, il quale, come del resto diversi esponenti della destra repubblicana, tende ad accreditare la tesi che il presidente Hollande e il governo socialista non abbiano fatto abbastanza, abbiano sottovalutato il pericolo, abbiano fatto persino qualche calcolo elettorale sulle comunità d’immigrati e di musulmani. Si invocano quindi misure ancora più dure, espulsioni, domicili coatti, indagini a tappeto dovunque si annidi il sospetto di complicità.
Purtroppo per la Francia, la nuova strage in una delle regioni più dolci e tranquille del Paese, la terra cara a Proust e Maupassant, conferma la diffusione e la diramazione delle minacce sul territorio, anche nelle aree meno prevedibili, forse proprio perché è accresciuto il livello di sorveglianza e di sicurezza nella capitale e attorno agli obiettivi più sensibili. Ma soprattutto conferma l’impossibilità di recuperare un terreno che è stato perduto da molto tempo e che ha sancito il sostanziale fallimento del modello d’integrazione basato sui valori della Repubblica e sui principi di laicità e tolleranza religiosa.
Dalle rivolte nelle periferie, catalogate nella sociologia dell’emarginazione giovanile e della microcriminalità, si sono sviluppati molti virus di varia natura che hanno offerto molto materiale al proselitismo, alla propaganda religiosa, alle proposte macabre di suicidio militante. In questo senso, la Francia, per la sua storia e per le sue componenti sociali, è l’angolo d’Europa più esposto. Il suo equilibrio di componenti etniche e religiose è fragile, costantemente complicato da pregiudizi, stereotipi, rivalse che risalgono nei secoli.
Il rischio enorme che oggi corre la Francia, rispetto a questo mondo che le appartiene da generazioni, è appunto l’arroccamento, che è poi l’anticamera della divisione sociale, dello scontro culturale, etnico e religioso. Ci sono leader politici, intellettuali e profeti di sventura che forse non aspettavano altro. Ma sul banco dell’accusa, c’è anche una cultura politica impregnata di sociologia della giustificazione che non ha mai visto o voluto vedere da dove veniva il pericolo.
La commistione di terrorismo «telecomandato» dalla propaganda esterna e di terroristi improvvisati a chilometro zero è sconvolgente. Forse siamo di fronte a un
Massima allerta
Alzato il livello di sorveglianza nella capitale e attorno agli obiettivi sensibili, la minaccia tocca le aree meno prevedibili
piano preordinato o forse l’effetto mediatico nell’era digitale moltiplica potenziali terroristi e fenomeni d’imitazione che nessuna azione repressiva o militare potrà definitivamente escludere.
Di sicuro, la quasi contemporaneità di attentati in Francia e Germania — una sorta di passaparola sulle sponde del Reno — colpisce al cuore quell’asse di intese politiche e relazioni diplomatiche che finora ha impedito il disfacimento dell’Europa. Il terrorismo che ferisce la Francia spalanca le porte al populismo.
L’offensiva in Germania (dopo lo choc della catena di stupri a Capodanno) fa vacillare le coraggiose politiche di accoglienza e integrazione di Angela Merkel. Dopo Brexit, è questo l’obiettivo strategico del Califfato? mnava@corriere.it