La preghiera solitaria di Francesco A Cracovia senza l’auto blindata
In Vaticano timori per le piccole chiese e per una deriva xenofoba. «Serve riconciliazione»
La strategia
Verso sera, come sempre alla vigilia di un viaggio, Francesco è andato a pregare davanti alla Salus Populi Romani, nella Basilica di Santa Maria Maggiore, l’icona della Madonna cara in particolare ai missionari gesuiti. Ha pregato a lungo, da solo, in silenzio, per «chiedere la benedizione del Signore e della sua Madre» prima di raggiungere questo pomeriggio Cracovia e i ragazzi della Giornata mondiale della gioventù.
Ieri mattina era stato padre Lombardi a dare voce al «dolore e orrore» del Papa per questa «violenza assurda», alla «condanna più radicale di ogni forma di odio e la preghiera per le persone colpite», un atto tanto più «orribile» perché compiuto «in una chiesa, un luogo sacro in cui si annuncia l’amore di Dio», con «la barbara uccisione di un sacerdote e il coinvolgimento dei fedeli». La Santa Sede parla di «immenso dolore e preoccupazione». È la prima volta che il terrorismo islamista uccide in una chiesa europea. Ai piani alti del Vaticano temevano che «prima o poi accadesse» una cosa del genere, «hanno elevato il tono dell’attacco», si spiega. Per la Gmg si rassicura, la situazione a Cracovia è «tranquilla» e «sotto controllo», le misure di sicurezza massime. Per il Papa non cambierà nulla: come sempre non userà auto blindate. La preoccupazione è per le chiese, la parrocchia di Rouen non era certo un «obiettivo sensibile», non è che si possano controllare tutte come San Pietro ed esiste pure «il rischio di emulazione». Ma c’è un’altra preoccupazione, più profonda: «Una reazione cieca e xenofoba contro migranti e musulmani può
Resta il rifiuto di parlare di scontro di religione: la strategia è il dialogo per isolare il terrorismo
essere molto pericolosa».
Nel telegramma del cardinale Pietro Parolin all’arcivescovo di Rouen, Dominique Lebrun, Francesco ha fatto scrivere a suo nome: «Il Signore ispiri a tutti pensieri di riconciliazione e fraternità in questa nuova prova». Monsignor Lebrun, che stava a Cracovia ed è rientrato subito a casa, ha detto: «Non facciamoci vincere dall’odio, non c’è altra via che il dialogo».
Come dopo la strage di Nizza, il Papa non ha accennato alla matrice islamista. Francesco sa perfettamente ciò che accade, ma sa anche che portare nel cuore dell’Europa una «guerra di religione» è esattamente ciò che si propongono le centrali del terrorismo islamico e i loro adepti. Rifiutare lo scontro di civiltà non significa chiudere gli occhi, ma rifiutare di fare propria la visione del mondo dei fondamentalisti. La strategia del dialogo di Francesco — e gli incontri con i leader islamici disposti a condannare la violenza — tende a isolare il cancro terrorista: il ruolo delle religioni sarà decisivo per «costruire ponti» e arginare la «Terza guerra mondiale a pezzi» in corso. È ciò che chiederà ai ragazzi: il «coraggio» di «spezzare la logica della divisione e della paura».