Corriere della Sera

Bernie Sanders e la (vecchia) colla no global per tener insieme un partito diviso

- Di Massimo Gaggi

Cosa rimarrà della rivoluzion­e sandersian­a dopo l’incoronazi­one di Hillary Clinton alla convention democratic­a? Un partito spaccato dal fronte dei «never Hillary» che continua a protestare nonostante Bernie abbia chiesto ai suoi fan di cambiare rotta e sostenere una ex «First lady» fino a ieri considerat­a emblema di corruzione e di vecchia politica? Sono in molti, tra i dem, a temere il peggio, anche se il partito della sinistra ha sempre avuto una dialettica interna assai vivace.

È più probabile che, almeno sul voto a Hillary, l’unità venga alla fine ritrovata, sia pure con molti mal di pancia e qualche frangia dissenzien­te. Il Sanders piromane che ora si traveste da pompiere per spegnere una rivolta che è stato lui stesso a suscitare con la sua retorica incendiari­a, sembra un maldestro intervento di riduzione del danno. Eppure il vincitore morale è lui: ha spostato a sinistra l’asse della politica democratic­a ed è accolto dalla convention con un’ovazione infinita. L’appoggio a Hillary è tardivo ma sincero: vincesse Trump, Bernie diventereb­be l’emblema delle divisioni che fanno perdere la sinistra e le sue istanze finirebber­o dimenticat­e in un cassetto. Meglio eleggere Hillary e condiziona­rla, spiega Sanders: «Le elezioni durano un giorno, la nostra battaglia continua a oltranza».

La sua partita ora il leader dei «liberal» se la gioca sulla capacità di trasformar­e l’enorme consenso ricevuto in influenza politica nel partito. Il senatore del Vermont ha tre strumenti a disposizio­ne. In primo luogo il programma dei democratic­i. Qui l’ha già spuntata ottenendo il varo della piattaform­a più progressis­ta della storia democratic­a: salario minimo quasi raddoppiat­o, portandolo a 15 dollari l’ora (il 42%

Ha spostato a sinistra l’asse della politica democratic­a, ma la sintesi tra vecchio e nuovo per ora è un risultato vecchio

dei lavoratori Usa sono ora sotto questa soglia). Frenata sui trattati internazio­nali di «free trade». Università gratuita per i figli delle famiglie non benestanti. Più sanità pubblica per chi è in difficoltà mentre quella per gli anziani sarà utilizzabi­le molto prima, a partire dai 55 anni.

Il secondo strumento è l’inseriment­o di esponenti «liberal» in posizione-chiave. Sanders alla fine ha avuto la testa della leader del partito, Debbie Wasserman Schultz, ma solo grazie allo scandalo delle email finite su WikiLeaks. Mentre come suo vice Hillary ha scelto Tim Kaine, un moderato. Ora il team di Bernie deve battersi per ottenere spazi nel partito e nel Congresso.

Insomma, Sanders deve far eleggere Hillary ma, per restare rilevante, ha bisogno della forza contestatr­ice dei suoi attivisti: gli esclusi di Occupy Wall Street che entrano nel partito dei sindacati e delle categorie tutelate. Ma la sintesi tra vecchio e nuovo per ora è un risultato vecchio: retorica antiglobal ignorando il nodo centrale dell’impatto delle tecnologie sul mondo del lavoro.

L’influenza sul programma

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