Bernie Sanders e la (vecchia) colla no global per tener insieme un partito diviso
Cosa rimarrà della rivoluzione sandersiana dopo l’incoronazione di Hillary Clinton alla convention democratica? Un partito spaccato dal fronte dei «never Hillary» che continua a protestare nonostante Bernie abbia chiesto ai suoi fan di cambiare rotta e sostenere una ex «First lady» fino a ieri considerata emblema di corruzione e di vecchia politica? Sono in molti, tra i dem, a temere il peggio, anche se il partito della sinistra ha sempre avuto una dialettica interna assai vivace.
È più probabile che, almeno sul voto a Hillary, l’unità venga alla fine ritrovata, sia pure con molti mal di pancia e qualche frangia dissenziente. Il Sanders piromane che ora si traveste da pompiere per spegnere una rivolta che è stato lui stesso a suscitare con la sua retorica incendiaria, sembra un maldestro intervento di riduzione del danno. Eppure il vincitore morale è lui: ha spostato a sinistra l’asse della politica democratica ed è accolto dalla convention con un’ovazione infinita. L’appoggio a Hillary è tardivo ma sincero: vincesse Trump, Bernie diventerebbe l’emblema delle divisioni che fanno perdere la sinistra e le sue istanze finirebbero dimenticate in un cassetto. Meglio eleggere Hillary e condizionarla, spiega Sanders: «Le elezioni durano un giorno, la nostra battaglia continua a oltranza».
La sua partita ora il leader dei «liberal» se la gioca sulla capacità di trasformare l’enorme consenso ricevuto in influenza politica nel partito. Il senatore del Vermont ha tre strumenti a disposizione. In primo luogo il programma dei democratici. Qui l’ha già spuntata ottenendo il varo della piattaforma più progressista della storia democratica: salario minimo quasi raddoppiato, portandolo a 15 dollari l’ora (il 42%
Ha spostato a sinistra l’asse della politica democratica, ma la sintesi tra vecchio e nuovo per ora è un risultato vecchio
dei lavoratori Usa sono ora sotto questa soglia). Frenata sui trattati internazionali di «free trade». Università gratuita per i figli delle famiglie non benestanti. Più sanità pubblica per chi è in difficoltà mentre quella per gli anziani sarà utilizzabile molto prima, a partire dai 55 anni.
Il secondo strumento è l’inserimento di esponenti «liberal» in posizione-chiave. Sanders alla fine ha avuto la testa della leader del partito, Debbie Wasserman Schultz, ma solo grazie allo scandalo delle email finite su WikiLeaks. Mentre come suo vice Hillary ha scelto Tim Kaine, un moderato. Ora il team di Bernie deve battersi per ottenere spazi nel partito e nel Congresso.
Insomma, Sanders deve far eleggere Hillary ma, per restare rilevante, ha bisogno della forza contestatrice dei suoi attivisti: gli esclusi di Occupy Wall Street che entrano nel partito dei sindacati e delle categorie tutelate. Ma la sintesi tra vecchio e nuovo per ora è un risultato vecchio: retorica antiglobal ignorando il nodo centrale dell’impatto delle tecnologie sul mondo del lavoro.
L’influenza sul programma