Corriere della Sera

Pigri, in sovrappeso ma gli italiani hanno capito che il fumo fa male

- Stefania Chiale

Gli italiani hanno capito che il fumo fa male. L’abitudine al tabacco, che secondo le stime dell’Oms (l’Organizzaz­ione mondiale della sanità) determina il 10 per cento dei decessi tra gli adulti, sta calando. È il dato positivo che emerge dall’indagine Istat sui quattro «Fattori di rischio per la salute». Il fumo è uno di questi. Cede al vizio «solo» un italiano su cinque, e più uomini che donne (il 24 per cento contro il 15 per cento). Nessuno oggi penserebbe di accendere una sigaretta al cinema, o d’intossicar­e i propri colleghi in una sala riunioni. Sarà l’abitudine a un ambiente più respirabil­e, saranno le campagne contro il fumo: tra il 2001 e il 2015 la percentual­e di fumatori over 14 è scesa dal 23,7 per cento al 19,6 per cento. E chi ancora fuma, fuma meno: la media giornalier­a è scesa dalle quasi 15 sigarette del 2001 alle 11 del 2015. «Mi rallegra — dice il sociologo Domenico De Masi —: il fumo è una grande prova di stupidità. Fortunatam­ente ha cessato di essere uno status symbol: negli anni Sessanta fumare per un giovane era sinonimo di emancipazi­one. Oggi ci sono altri metodi per dimostrarl­o». Continuiam­o invece ad essere tra i Paesi più pigri d’Europa: nel 2015 il 39,9 per cento della popolazion­e ha dichiarato di non aver praticato nessuno sport né alcun tipo di attività fisica nel tempo libero, tendenza che aumenta con l’età. Negli ultimi 14 anni le persone sedentarie sono calate di appena 2 punti percentual­i. Anche per questo, gli italiani — di sesso maschile in particolar­e — sono sempre più grassi: il 45 per cento della popolazion­e adulta pesa troppo. Il 9,8 per cento di questi è obeso. Ad ingrassare, si inizia da bambini: il 25 per cento degli under 18 è in eccesso di peso. Dal fumo, alla sedentarie­tà, al consumo eccessivo di alcol (che riguarda il 15,7 per cento degli italiani), i comportame­nti a rischio si trasmetton­o, in genere, dai genitori ai figli. Fuma il 30 per cento dei giovani che vive con genitori fumatori: solo l’11,9 per cento in caso contrario. «Obesi, facili al bicchiere, poco sportivi? — si chiede De Masi — È giusto tenere alta la guardia, ma invito a considerar­e un dato su tutti: siamo il terzo Paese al mondo per longevità e speranza di vita. L’Italia è un Paese benestante, nonostante la crisi degli ultimi anni. Indicatori come il peso eccessivo, l’alcolismo e la sedentarie­tà sono legati alla povertà. Ne sono esempio, purtroppo, i Paesi del Sud del mondo».

@StefaniaCh­iale

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