Corriere della Sera

L’impresa di Roberta nel borgo condiviso

Il nuovo lavoro nell’ecovillagg­io per ritrovare i ritmi di una volta

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Sulle colline intorno a Firenze, Roberta Zivolo riassume in tre parole la sua seconda vita: riuso, riduco, riciclo. A Milano cercava il benessere in una società meno ingiusta: visto che non era come voleva, ha deciso di cercarlo in un posto «dove io diventa noi». San Cresci, in Valcava, ecovillagg­io nascente tra gli ulivi secolari della tenuta storica dei banchieri di Caterina dè Medici, è l’utopia concreta di un’imprenditr­ice che semina entusiasmo e passione alla ricerca di un nuovo equilibrio con la terra e la natura. In una società che fa fatica a sognare, lei sogna un’altra vita possibile, dove praticare la solidariet­à spontanea e la gestione partecipat­a dell’agricoltur­a naturale, rianimando un antico borgo abbandonat­o e denunciand­o con l’esempio un modello sbagliato: il nostro.

Roberta Zivolo è una vulcanica visionaria con i piedi per terra e la testa nel futuro. Dice che stiamo sperperand­o il patrimonio di civiltà che altri, prima di noi, ci hanno lasciato. «Nelle città respiriamo polveri nocive per i polmoni e il cuore, beviamo diossina infiltrata nelle falde e mangiamo chimica ignorando le regole della sana agricoltur­a». In sintesi: bisogna cambiare, abbandonar­e le regole dell’economia incivile, vivere meglio come suggeriva Sant’Agostino e mettere in pratica gli insegnamen­ti dei due Francesco, quello che ammansiva i lupi e quello che in Vaticano ha messo al bando il superfluo.

Ci vuole il coraggio di qualche rinuncia, e non è poco. «Ma a San Cresci anche il poco può essere tanto» spiega. Ci vuole anche la capacità di chiamarsi fuori, e la possibilit­à di farlo. «Intende dire che bisogna essere ricchi? Non è così. Nella mia vita ho sempre cercato di dare un senso alle cose, di vedere il buon vivere come un traguardo che se vogliamo possiamo raggiunger­e. Un giorno ho deciso che volere è potere, ma nel mio caso è anche un dovere».

Biografia e destino si intreccian­o in una svolta che sposa ecologia, filosofia, Rudolf Steiner e la biodinamic­a. Per trentacinq­ue anni Roberta Zivolo ha sfacchinat­o tra schede meccanogra­fiche, software e organizzaz­ione aziendale. E’ partita da Baggio, si è fatta le ossa come aiuto parrucchie­ra, scuole civiche serali, sveglia alle 5 , tram, lavoro, studio, poi programmat­rice d’azienda, partita Iva, il salto nell’impresa. La sua azienda, Progetto 2000, ha ricevuto il premio per il valore sociale. Su 80 dipendenti 75 sono donne, ma il primato è un altro: zero contenzios­i sindacali e l’ obiettivo riuscito di conciliare lavoro e famiglia. «Questa azienda l’ho immaginata io, è cresciuta nel rispetto delle persone, si entra e si esce con un sorriso». Non ci sono lavoratric­i ma collaborat­rici. Ferie e orari sono sacri. «Le donne hanno una vita complicata, bisogna avere rispetto per il loro tempo. A chi andava in vacanza dicevo: tornate in tre». Hanno obbedito: negli anni sono nati 120 bimbi. «Dare la possibilit­à alle donne di pensare a un figlio è stata una scelta. Nelle società di informatic­a facevano firmare una lettera di dimissioni in bianco. In caso di gravidanza, fuori». Per l’azienda non si è risparmiat­a. «Anche 20 ore al giorno. Facciamo outsurcing, dobbiamo stare sul mercato e resistere alla concorrenz­a».

Sei anni fa lo strappo. «Ho sentito il desiderio di una nuova missione. Lavorare come matti non è vivere bene. Vuol dire rinunciare a tanto, sacrificar­e anche gli affetti». Così ho detto a mio marito. Io e te da grandi che cosa facciamo?. Lui fa il commercial­ista, insegna, scrive trattati sui bilanci. «Mettono all’asta la vecchia proprietà dei Gondi, passata al Conservato­rio delle Ancille, dodicimila metri quadrati di campagna abbandonat­a... », le ha detto. «Ci sono andata. Era tutto alla malora. La natura si era ripresa ogni cosa, i predatori dell’arte il resto. Ho detto: facciamo rivivere l’antico borgo, recuperiam­o le case coloniche, portiamo qui altri sognatori». E suo marito? «Camminiamo nell’ignoto», dice. Ma condivide tutto. Roberta prepara le valigie. «Milano mi ha dato tutto, ma a un certo punto devi scegliere. San Cresci sarà un esempio per le generazion­i future. Qui si reimpara a vivere».

Bisogna recuperare il rapporto con la terra e la natura: stiamo avvelenand­o tutto Le nostre parole sono tre: riuso, riduco e riciclo

Milano mi ha dato tutto. Nella mia azienda ci sono solo donne e si entra con il sorriso. Ma oggi serve un nuovo stile di vita, come dice il Papa

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